Ci sarà una volta

Tempeste e Racconti

È mattina. Alba, Fortezampa ed i bambini hanno appena fatto ginnastica. Ora stanno facendo la doccia. Come al solito vi è il parapiglia, con i bambini che corrono da una parte all’altra, schizzandosi con l’acqua, facendosi il solletico e riempiendosi di schiuma. Sara, Astro ed un altro bambino stanno facendo la stessa cosa con Alba. Fuori, da diverse ore, soffia un forte vento. Improvvisamente Sara ed Alba si irrigidiscono. Un attimo dopo la ragazza è balzata in piedi, ha afferrato un secchio pieno d’acqua e se lo tira addosso, per lavarsi via la schiuma. Sara fa la stessa cosa passando sotto una doccia. Un attimo dopo il robot vola fuori. Anche Alba afferra un accappatoio e lo indossa mentre corre fuori. Un attimo e si sente il fischio di richiamo dell’Ala. I bimbi si sono tutti bloccati.

«Che succede?» chiede Astro.

«Grossi guai» risponde Gaia afferrando un secchio.

Tutti i bimbi prendono un secchio, lo riempiono e se lo tirano addosso per togliersi la schiuma; poi li riempiono di nuovo e gettano l’acqua addosso a Fortezampa per levargli la schiuma; ognuno ora prende un accappatoio e lo indossa, poi prendono degli asciugamani e si mettono ad asciugare in fretta e furia il cavallo.

«Astro, chiudi l’acqua e svuota le vasche il più in fretta che puoi!» dice Gaia seria.

Astro esegue. Ha appena aperto l’ultima vasca che si sente il suono della campana.

«Tempo scaduto! – esclama Fortezampa – Tutti fuori!»

I bambini mollano tutto per terra ed insieme al cavallo si lanciano fuori. Una vera e propria tempesta di neve gli accoglie. I bimbi strillano e si bloccano per il freddo mentre l’acqua rimasta addosso inizia a congelarsi!

«Muoversi! Muoversi! – urla Fortezampa – Ignorate il freddo! Correte!» ed inizia a spingere i bambini.

Anche Astro cerca di aiutare. Non si vede ad un palmo dal naso ed i bambini avanzano a fatica sulla spessa neve, con l’acqua che gli si ghiaccia sulla pelle. Non un adulto giunge in loro soccorso. Arrivano Sara ed Alba che iniziano anche loro a spingere i bambini, cercando di aiutarli a superare la neve ed incitandoli a procedere. Quanto tempo passa? Forse troppo. Alba richiama l’Ala per fargli scavare una pista dove i bambini possano avanzare meglio, ma la cosa è ardua: i bambini inciampano e devono essere rialzati; qualcuno sta diventando blu per il freddo… infine, praticamente ruzzolando, oltrepassano la rampa del rifugio. Qualcuno piange.

«Ci sono tutti?» chiede Alba a Fortezampa.

Un lampo passa per gli occhi del cavallo.

«Chiudere!» risponde semplicemente.

Sara preme il pulsante ed il passaggio si richiude. Una luce rossa è accesa sul congegno. Alba fissa il contatore geiger per quasi un minuto. Quando si accorge che non ha intenzione di spostarsi, tira un sospiro di sollievo e corre a consolare i bambini. Anche Sara si avvicina e Fortezampa è già in mezzo a loro. Senza dire una parola, Alba accarezza, abbraccia e coccola i vari bambini infreddoliti e piangenti. Gli adulti si lamentano del fatto che sono sempre in ritardo e che per colpa loro hanno rischiato tutti di trovarsi nei guai. I bimbi si stringono ancora di più ad Alba.

«Su, su – dice la ragazza quando le sembra che i bambini si siano un po’ calmati – Il pericolo è passato. Qui non fa freddo. Ora pensiamo a riscaldarci – ripensa alle parole appena dette – Non fa freddo? Come fa il Rifugio ad essere riscaldato?» e si guarda intorno.

Vi sono circa un centinaio di termosifoni con le ruote che si spostano da una parte all’altra del Rifugio.

«Questi sono gli Elementi Riscaldanti – annuncia Astro – Più fa freddo, più loro sono caldi, fino ad un certo limite. Li ho creati apposta per riscaldare il Rifugio. Volevo mostrarli dopo la doccia, ma penso vada bene anche così»

«Eccome!» è il coro unanime.

Alba si avvicina agli adulti.

«Non è che qualcuno di voi ha preso la valigetta per me ed i bambini?» chiede.

Gli adulti scuotono la testa.

«Fa niente: ci arrangeremo» dice Alba.

Dopo aver messo un separé per potersi cambiare, Alba va nella stanza delle casse e recupera un po’ di materiale. Usa una specie di olio con cui friziona tutti i bimbi, Gaia compresa. Dalla faccia dei bambini si direbbe molto piacevole. La ragazza ne approfitta anche per fargli il solletico. Quando è il suo turno i bimbi la frizionano con l’olio e, naturalmente, le fanno una montagna di solletico. Poi si procede a pettinare Gaia, coccolarla, pettinare i bambini, pettinare Alba, strigliare e pettinare Fortezampa, come tutti i dopo-bagno. Infine Alba recupera delle calzamaglie e delle maglie attillate che fanno il paio per tutti. Una volta indossati, Alba apre un’altra cassa e recupera maglioni e pantaloni rattoppati nonché degli stivaletti di feltro. Quando infine sono tutti pronti, rimuove il separé. Mentre i bimbi e Fortezampa corrono vicino agli Elementi Riscaldanti, per godere del loro tepore, Alba abbraccia Astro.

«Grazie» gli sussurra all’orecchio stringendolo forte.

Astro non saprebbe dire il perché ma si sente molto felice.

La tempesta radioattiva durerà 24 ore.

Quando si tratta di passare alle pulizie, Astro ha un’altra sorpresa per tutti: un insieme di utensili per aiutarli a pulire, nonché un Pulisci Neve, cioè una macchina che aspira la neve grigiastra e la ripulisce. La polvere finisce in un sacco, mentre la neve candida viene di nuovo sputata fuori. Come richiesto da Alba, il tutto non sostituisce il lavoro dell’uomo; anche il Pulisci Neve deve essere trainato da Fortezampa ed essere guidato da un altro. Inoltre la pulizia degli alberi e quella dei materassi, cioè il saltarci sopra, non subisce cambiamenti, dato che un giorno Gaia aveva detto che quella era l’unica parte positiva del dopo tempesta, dato che è un gioco che li diverte molto.

La reazione alla sorpresa è di stupore da parte di tutti, seguito da grande gioia. Durante le operazioni di pulizia, Alba, Fortezampa ed i bimbi trovano gli strumenti perfetti, mentre gli adulti trovano qualcosa da lamentarsi: per loro gli strumenti sono lenti.

Finite le pulizie, dopo pranzo, Alba decide di premiare Astro per le enormi sorprese. Seguendo il suggerimento di Gaia, decide di farlo volare sull’Ala.

«Vedrai che sarà bellissimo» le dice la bimba-giaguaro tutta eccitata.

Astro si limita ad annuire.

Arriva Alba che porta in mano un’imbracatura; sull’Ala, che le vola accanto, è stata montata una specie di ringhiera.

«Coraggio: devi indossare questa» dice Alba ad Astro mentre il velivolo atterra.

La ragazza fa indossare l’imbracatura al bimbo-robot e si assicura che sia ben sistemata. Poi fa salire Astro sull’Ala e gli dice di tenersi alla ringhiera, mentre fissa l’imbracatura al velivolo. Anche Alba sale sul velivolo, posizionandosi dietro di lui. Poco dopo, silenziosamente, l’Ala prende il volo.

«Divertitevi!» strilla Gaia da terra.

L’Ala vola nel cielo, allontanandosi sempre di più da terra. Astro guarda meravigliato il mondo sotto di lui.

«Ti piace?» le chiede Alba.

Astro annuisce.

«E questo è niente» dice Alba mentre il velivolo cambia direzione.

Il velivolo esegue diverse evoluzioni lungo il cielo, solcando rapidamente la terra che, da brulla e spoglia, sembra cambiare aspetto: giochi di luce ed ombre le fanno cambiare colore e persino forma, rendendo il paesaggio sempre mutevole e diverso.

«Uau!» commenta il bimbo-robot.

Alba guarda le nubi in cielo. Si china sull’Ala, preme un pulsante ed uno sportello si apre. Dentro vi sono due respiratori: maschere che coprono naso e bocca ed in grado di fornire aria. Una delle due è adatta ad un bambino.

«Voglio portarti a vedere una cosa incredibile – dice la ragazza – ma dobbiamo andare molto in alto. Lì l’aria è poca ed avremo bisogno dei respiratori» e gli porge la sua maschera.

«Giusto – risponde Astro – a scanso di equivoci…» e la indossa.

Alba indossa la sua e poi l’Ala inizia a salire. In breve entra dentro un banco di nubi. Pochi secondi dopo non si vede più niente, se non una cortina bianca come fosse nebbia. Per ben due minuti il velivolo continua a salire prima che la “nebbia” inizi a diradarsi.

«Sei pronto?» dice Alba ed un istante dopo escono.

Li accoglie un cielo di un azzurro intenso ed un sole sfavillante, ma la cosa più incredibile è il paesaggio di nubi intorno, di ogni forma e colore, con arcobaleni e giochi di luce ovunque volgi lo sguardo. Un paesaggio mutevole che cambia a seconda del vento e di come loro si spostano.

«Uau! È bellissimo!» strilla Astro.

Sorridendo Alba fa muovere il velivolo vicino alle nubi, facendo cambiare loro forma.

«Coraggio Astro – dice la ragazza – Allunga una mano e tocca le nuvole: fai cambiare loro forma, afferrale, spostale. Stai letteralmente toccando il cielo. Divertiti»

Ed Astro non se lo fa ripetere: allunga le mani e tocca le nubi, le afferra e le fa cambiare forma. Gioca con esse come fossero un immenso giocattolo. Ed è più felice che mai: sembra di stare in un bellissimo sogno e sa di essere sveglio e poterlo veramente toccare. Rimangono lì, facendo divertire Astro, per buoni dieci minuti. Mentre stanno lì a giocare, un tuono in lontananza attira la loro attenzione. Si voltano e vedono che le nubi iniziano a cambiare: si ingrossano e diventano grigiastre.

«Che succede?» chiede Astro.

«Qualcosa che non mi piace – risponde Alba – Andiamocene» e fa discendere velocemente il velivolo.

Ma qualcosa non va come dovrebbe: l’immenso banco bianco intorno a loro inizia a divenire grigio e loro sono ancora lì dentro; nonostante stiano scendendo di quota più velocemente di quando sono saliti e siano passati più di due minuti, non si vede la fine delle nubi.

«Che succede?» chiede di nuovo Astro questa volta preoccupato.

«È una tempesta, Astro – risponde Alba – una tempesta che si sta formando più in fretta del previsto, accidempolina!» e dicendo questo fa accelerare il velivolo che precipita a gran velocità verso il basso.

Ma la nube diviene sempre più scura, fino a divenir nera, e non si vede la fine. Alba si abbassa sull’Ala e preme alcuni pulsanti.

«Accidempolina!» pronuncia di nuovo.

Lampi saettano nel buio.

«Quelli sono fulmini!» strilla Astro preoccupato.

Alba cinge un braccio intorno alla vita del bimbo-robot.

«Dobbiamo abbandonare l’Ala – dice ad Astro – è troppo pericoloso stare qui sopra: attirerebbe i fulmini» e dicendo questo sgancia l’imbracatura dal velivolo e lo aggancia alla sua cintura.

«Ma anch’io potrei…» prova a dire Astro.

«Tu hai la Sintopelle» lo interrompe Alba mentre preme alcuni pulsanti sull’Ala.

Uno sportello si apre rivelando un hard disk, la ragazza lo prende e lo aggancia alla cintura.

«Cerca di girarti – dice ad Astro – ed afferrati a me: qualsiasi cosa succeda non mollarmi»

Ma Astro ha troppa paura per lasciare la ringhiera. Alba preme un pulsante sull’Ala e la ringhiera si sgancia. Astro caccia uno strillo sentendosi cadere ma Alba lo tiene stretto. Astro osserva la ringhiera sparire verso l’alto ed un attimo dopo venir illuminata da un fulmine che la colpisce mandandola in frantumi. Urlando Astro si volta e si abbraccia ad Alba.

«Perfetto così. Non mollarmi» dice Alba stringendolo a sé e tenendogli la nuca con una mano.

Un attimo dopo balza giù dall’Ala che si allontana da loro. Mentre precipitano a testa in giù, un forte lampo, seguito da un esplosione, fa capire ad entrambi che l’Ala è stata raggiunta dai fulmini. Astro si stringe ancora di più ad Alba, sempre più terrorizzato. Una manciata di secondi dopo, escono finalmente dalle nubi. Alba allarga un braccio e devia la caduta, da testa in giù a pancia in basso. L’azione del vento provocato dalla caduta, scuote i vestiti di Alba. Un attimo dopo il vestito si gonfia ed un paio di ali si formano sulla schiena della ragazza. La caduta rallenta ed iniziano a planare. Ma il giorno sembra essere divenuto notte mentre un’immensa nube oscura si staglia sopra di loro, lampeggiando furiosamente e minacciando di lanciare fulmini da un momento al­l’al­tro.

«Accidempolina! – strilla Alba – Siamo troppo lontani dal villaggio: serve vento!»

Ed il vento inizia a soffiare, gonfiando le ali e sostenendola in volo e sospingendola verso casa.

«Va tutto bene, Astro – dice Alba cercando di rincuorare il bimbo-robot terrorizzato – Ha iniziato a soffiare il vento: saremo a casa tra pochi secondi ed al sicuro il prima possibile»

In verità per raggiungere il villaggio ci vuole un intero minuto ed un susseguirsi di lampi e tuoni ravvicinati fa capire che la tempesta sta per scatenarsi. Per la prima volta Alba teme di non farcela. Ma ecco il villaggio e gli alberi dove si stanno dirigendo a gran velocità. Ma gli alberi sono cambiati! Le loro chiome si sono spostate, i loro rami intrecciati, non sembrano più un insieme di alberi separati ma un’enorme casa verde sollevata, fatta di legno e foglie! Alba aziona un tirante e le ali si piegano facendoli planare velocemente verso terra.

Frattanto Sara ha finito di imbracare Fortezampa alla base degli alberi e qualcuno da su ha iniziato a sollevarlo.

«Bip!» dice Sara accorgendosi di Alba ed Astro e corre verso di loro.

«Sara! – dice Alba – Grazie al Cielo. Prendi Astro e portalo al sicuro! Io vi raggiungo subito!»

Sara prende in braccio Astro ed Alba sgancia l’imbracatura. Astro non vuole mollare la ragazza.

«Forza Astro: dobbiamo andare al sicuro» prova a dirgli Alba.

«Ma tu…» prova a dire Astro.

«Ho detto che vi raggiungo subito! Accidempolina!» dice Alba strappandosi Astro di dosso e lasciandolo alle braccia di Sara che lo porta dentro la chioma degli alberi.

Alba osserva per pochi istanti Sara allontanarsi poi aziona alcuni tiranti e sgancia le ali. Atterra, ruzzola, si rialza e corre raggiungendo gli alberi in pochi secondi. Fortezampa è praticamente sparito in mezzo alla chioma quando Alba balza su un tronco e lo usa come trampolino per raggiungere uno dei rami e tirarsi su, oltrepassando anche lei la chioma. Neanche un secondo dopo è dal gruppo che tira su Fortezampa per dare una mano. Un secondo dopo anche lui è interamente su ed uno strano rumore fa capire che i rami si sono spostati chiudendo il passaggio. Alba si accascia al suolo esausta. E nello stesso momento i fulmini piombano sul villaggio!

Subito dopo essere stato liberato dall’imbracatura, Fortezampa si avvicina ad Alba e si accuccia accanto a lei. Dopo un attimo arriva Gaia e si siede anche lei appoggiandosi al cavallo. Uno ad uno arrivano anche gli altri bambini e si siedono accanto ad Alba; lei ne stringe a sé il più possibile. Infine arriva anche Astro che tiene in braccio MicioGatto; non si sa chi dei due abbia avuto più paura: Astro ha ancora gli occhi sconvolti mentre MicioGatto trema ancora con le unghie conficcate nella tuta di Astro ed il pelo tutto dritto. Il bambino-robot si siede anche lui vicino ad Alba, anche lui appoggiandosi a Fortezampa. Sara rimane in volo vicino a loro mentre gli adulti fanno gruppo più in là, come al solito. Segue un lungo momento di silenzio.

«Devi scusarmi per essere stata brusca, Astro – Alba decide di rompere il silenzio – ma non mi sarei mai potuta arrampicare velocemente con te in braccio»

«Non è necessario» risponde Astro ma un piccolo sorriso si forma sul suo viso.

Fortezampa gli dà un buffetto col muso. Astro si adagia meglio sul corpo di Fortezampa e la paura abbandona i suoi occhi. Un attimo dopo lui e Gaia iniziano ad accarezzare il cavallo che socchiude gli occhi. Anche MicioGatto sembra non avere più paura; difatti si arrampica arrivando sulla groppa di Fortezampa e lì si mette a pulirsi. I rumori dell’inferno che sta avvenendo fuori dagli alberi sono praticamente assenti all’interno di questo rifugio verde, dato che arrivano molto ovattati.

«Bene – dice Alba dopo un attimo – mi raccontate cosa avete fatto?»

«Presto detto – risponde Fortezampa – Quando gli alberi ci hanno avvertito della tempesta, ho dato l’allarme. Seguendo le istruzioni che ci avevi dato, mentre gli alberi preparavano il rifugio, noi siamo andati nel magazzino e nelle case a prendere quello che ci serviva. Pensavamo di avere la solita mezz’ora, invece si è formata prima del previsto. Così ho detto di lasciar perdere e siamo andati in fretta e furia agli alberi. I bambini sono stati bravissimi ad arrampicarsi portando su le corde, le scale di corda e le ceste. Sara ha aiutato a fissarle, cosicché è stato molto rapido avere le scale per far arrampicare gli adulti e le corde ed i cesti per issare velocemente gli oggetti che eravamo riusciti a portare. Io e Gaia caricavamo, gli adulti portavano su, i bambini e Sara scaricavano. Infine Sara ha portato su Gaia, poi hanno sceso l’imbracatura e Sara mi ha aiutato a metterla e poi siete arrivati»

«Siete stati bravissimi – dice Alba – grazie Sara e grazie anche a voi» conclude strillando verso gli adulti.

Gli adulti rispondono con un cenno.

«Bip!» risponde Sara con gli occhi sorridenti.

Gaia dà una leggera testata al cavallo che si volge verso di lei. Si guardano per un momento.

«Oh, Ok – dice Fortezampa – avevo pensato volessi dirlo tu – si volge verso Alba – Sai che Gaia è riuscita a prendere anche la tua valigetta ed una montagna di libri?»

«Uau! Sul serio?» risponde Alba.

Gaia annuisce velocemente tutta contenta.

«Così abbiamo qualcosa da leggere» aggiunge.

«E ti sei guadagnata un “Vola, Vola” tra gli alberi, più tardi»

La bimba-giaguaro non dice niente ma si vede che chiude un pugno in segno di esultanza.

«Ora, Astro – riprende Alba – credo che tu abbia delle domande per me»

«Come sai che io…? – risponde Astro – No, lascia perdere: per te sono un libro aperto. In effetti sì: ho un mucchio di domande»

«Coraggio, allora» lo esorta Alba.

«Che razza di tempesta abbiamo incontrato?» è la prima domanda di Astro.

«È una tempesta elettrica – risponde Alba – anche se qui la chiamiamo tutti tempesta di fulmini: enormi e bassi nuvoloni neri saturi di elettricità che fanno cadere fulmini come fosse pioggia»

«Fulmini che cadono come pioggia? Ma gli alberi…?»

Vi è un fruscio di foglie.

«I fulmini non possono toccarci» traduce Fortezampa.

Astro rimane a bocca aperta.

«Proprio così – dice Alba – Sono alberi speciali: sono in grado di muovere i rami e costruirci questo rifugio, i fulmini non possono toccarli e ci forniranno tutta l’acqua ed il cibo di cui abbiamo bisogno»

«È… è incredibile» commenta Astro stupefatto.

Fruscio di foglie.

«Ma vero – traduce Fortezampa – Riceverete cibo dai nostri frutti e raccogliete l’acqua che faremo cadere dalle nostre foglie in alto. Entrambi quando vi servirà. Come facciamo rimarrà un nostro piccolo segreto»

«Uau! – commenta Astro – Doppio Uau! È qualcosa di meraviglioso. Non credo ci siano parole migliori per descriverlo. Dovremmo trovare il modo di ringraziarvi»

«Ci basta quello che fate tutti i giorni. Sul serio: non ci serve altro»

«Proprio sicuri di non poter soddisfare la mia curiosità su come fate?»

«In onore della loro memoria, ti basti sapere che dobbiamo tutto ad Alba»

Astro si volta verso la ragazza che tuttavia fa spallucce.

«Non ne ho la minima idea – dice – Me lo dicono quasi tutti i giorni ma io non mi ricordo niente. So solo che mi sento molto legata a questi alberi»

Fruscio di foglie.

«E ciò basta a renderci molto felici» traduce Fortezampa.

Segue un altro momento di silenzio durante il quale Astro continua a guardare meravigliato gli alberi.

«Le altre domande?» chiede dopo un attimo Alba.

«Oh, sì – si riprende Astro – Dunque… er… ok, facciamo questa: le ali che ti si sono formate sulla schiena…»

«Belle, vero? – l’anticipa Alba sorridendo – Sono un dispositivo di emergenza che indosso quando volo sull’Ala. Le ho progettate in modo tale che sembrassero ali vere. Permettono di planare e, se c’è il giusto vento, anche di volare. Come un deltaplano, insomma. Sono un perfezionamento della tuta alare che avrai sicuramente visto tra gli appunti»

«Sì, me la ricordo: sembrava un enorme scoiattolo volante»

«Esattamente. Non era male ma non portare alcuno con te. Così ho pensato di migliorarla e, dopo svariati ruzzoloni, sono riuscita a fare ciò che volevo. L’ultima chicca è stata quella di renderle simili ad un paio di ali vere…»

«In modo tale da assomigliare ad un angelo» conclude Astro.

Alba annuisce arrossendo.

«Ho un altro paio di domande – riprende Astro dopo un attimo – La prima riguarda il Rifugio, cioè…» si interrompe guardando gli alberi un po’ imbarazzato.

«Scommetto che la prima cosa che hai pensato, quando eravamo lì fuori, è stata il rifugio sotterraneo e non gli alberi, giusto?» dice Alba.

Astro annuisce arrossendo.

«Non c’è bisogno di essere imbarazzati: è normale che tu lo abbia pensato. Il problema è che abbiamo a che fare con una tempesta elettrica: per poter scaricare fulmini in tale numero, tutta l’aria deve essere satura di elettricità, deve essere pesantemente ionizzata, insomma si formano vere e proprie correnti elettriche nell’aria ed a lungo andare magnetizzano il Rifugio: tutti gli oggetti di ferro vengono calamitati da qualche altro oggetto di ferro o dalle pareti e posso assicurarti che tali campi magnetici sono altrettanto pericolosi quanto i fulmini o le correnti elettriche. Gli alberi, invece, formano una sorta di bolla protettiva a tutto questo»

«Uau! Doppio Uau! Triplo Uau!» è il commento di Astro.

«La seconda domanda?» chiede Alba dopo quasi un minuto di silenzio.

«Ah, sì: che succederà ora al villaggio?»

«Se i parafulmini tengono, niente»

«I fulmini non possono abbattere i parafulmini» obbietta Astro.

«I fulmini no – conferma Alba – ma non vi sono solo i fulmini, a partire dal vento. Non l’ho mica evocato io, quando eravamo fuori. Il vento c’è perché la tempesta lo provoca e può raggiungere forze veramente spaventose, anche capaci di sollevare un bambino»

«Noi qui siamo al sicuro, vero?» chiede Astro un po’ preoccupato.

«Certo! Sono incredibilmente robusti. Persino una tromba d’aria non li spaventerebbe. Abbatterebbe tutte le case ma non smuoverebbe gli alberi di un millimetro, neanche se li prendesse in pieno. E solo in quest’ultimo caso noi sentiremo molti spifferi, altrimenti non ci accorgeremmo di niente»

«Triplo Uau!» commenta di nuovo Astro guardando meravigliato gli alberi.

«Trombe d’aria a parte – riprende Alba dopo un momento – le case sono solide e non temono il vento, anche se mi sa che molte cose richiederanno riparazioni»

«Allora perché dici “se i parafulmini tengono”?»

«Ti sei già scordato delle correnti elettriche? Creano potenti campi magnetici. I parafulmini sono metallici e vengono a loro volta magnetizzati. Se la tempesta durasse a lungo e fosse sufficientemente forte, i campi magnetici potrebbero essere così forti da attirare i parafulmini l’un l’altro che si piegherebbero e si spezzerebbero, lasciando via libera ai fulmini di distruggere il villaggio»

«E temi che capiti?»

«Temo di sì. Dai dati che ho raccolto e dalla velocità di formazione, temo che la tempesta sia alimentata da un motore ionico e che, quindi, la sua forza risulterà immensa e la durata molto lunga»

«Davvero i motori ionici alimentano le tempeste elettriche?»

«Eh sì. Non le formano, beninteso, ma sono in grado di alimentarle. E te lo dico per esperienza»

«Cioè?» chiede Astro sporgendosi in avanti.

«Perché una volta ne ho avuto uno e ti posso assicurare che fu un disastro – fa una pausa per raccogliere i ricordi – Devi sapere che vicino alle montagne c’è un luogo che io chiamo il Magazzino, dato che ho sempre trovato cose interessanti e, tra parentesi, lì ho trovato anche MicioGatto»

«Miarf!» commenta il gatto.

«Io lo chiamo il Cimitero delle Cose, visto che sono quasi tutti rottami» aggiunge Gaia.

«E noi il Luogo delle Cose» aggiunge un bambino.

«Ebbene – riprende Alba – è stato lì che una volta trovai un motore ionico in perfetta efficienza. Ne fui entusiasta. Lo portai al villaggio e lo usammo come generatore. Inizialmente andò tutto bene ma poi arrivò la tempesta elettrica. Non l’avessi mai fatto – si porta le mani ai capelli – Accidempolina! Il motore alimentò la tempesta per quasi due settimane ed essendo proprio qui al villaggio, la tempesta fu di una potenza indescrivibile. Se non fosse stato per gli alberi, non saremmo qui a raccontarlo. Per fortuna un fulmine distrusse infine il motore e la tempesta decrebbe di potenza fino a sparire. Quando uscimmo dagli alberi il villaggio era distrutto, come fosse passata una tromba d’aria ed era anche incendiato. L’aria era ancora satura di elettricità da rizzarti i capelli e farti male ad ogni passo. Da quel momento non ne ho più voluto sapere né di motori ionici né di qualsiasi altra diavoleria che avrebbe potuto interagire con i fenomeni atmosferici»

«Ecco perché hai voluto che tutti i generatori funzionassero ad energia solare, eolica o quella termica…» inizia a dire Astro.

«…prodotta dalla legna. Proprio così» conclude Alba.

«E sei certa che fosse proprio il motore ionico?»

«Certissima! Ne ho raccolto tutti i dati» dice la ragazza toccando l’hard disk appeso alla cintura.

«Mi togli un’ultima curiosità? Avete mai affrontato trombe d’aria?»

«Non proprio. Nessuna tromba d’aria ha mai raggiunto il villaggio, ma un paio di volte abbiamo dovuto affrontare il vento prodotto da esse e ti assicuro che è molto forte»

«Ci credo!»

«Gli alberi mi hanno raccontato che prima del mio arrivo le trombe d’aria erano più frequenti e raggiungevano questo luogo… ed erano pure belle potenti; ma da quando io sono qui, non si sono mai avvicinate»

Fruscio di foglie.

«Alba porta fortuna» traduce Fortezampa.

Alba arrossisce lievemente.

«Visto che avete affrontato il vento, che avete fatto? Vi siete rifugiati nel Rifugio, sugli alberi, nelle case?» chiede Astro.

«Anche in caso di forte vento le case tengono bene – risponde Alba – ma quelle due volte abbiamo preferito gli alberi. Anche il Rifugio sarebbe stato uguale ma, se posso, preferisco scegliere gli alberi: mi sento più felice quando sono in mezzo a loro»

«Sono anche un ottimo rifugio per tutto» commenta Astro.

«Quasi tutto – puntualizza Alba – Ad esempio, pur essendo invulnerabili alle radiazioni, non sarebbero in grado di proteggerci dalle tempeste radioattive»

«Non importa: sono comunque meravigliosi»

Fruscio di foglie.

«Ci farai venire le foglie rosse a furia di complimenti» traduce Fortezampa.

Pochi minuti dopo, come promesso, Alba sta facendo fare il Vola Vola tra gli alberi a Gaia: la prende in braccia, le fa fare uno o più giri intorno e la lancia in aria, lei si afferra ad un ramo, si tira su, salta verso un altro ramo e poi si getta in braccio ad Alba che la fa ruotare di nuovo e la lancia in aria. E se per errore manca un ramo, Alba è sotto di lei per prenderla al volo e lanciarla più forte.

Mentre Gaia si diverte a volare tra i rami, Astro corre da un tronco all’altro per parlare con gli alberi, sempre più entusiasta e meravigliato delle loro capacità. È così che viene a sapere della loro capacità di purificare l’aria ed il suolo e che, prima dell’arrivo di Fortezampa e Gaia, erano loro a rendere di nuovo abitabili queste terre, impiegando diversi giorni… e non tutto poteva essere purificato, costringendo il villaggio a migrare sempre in una zona diversa. Ora che il problema è superato, loro provvedono a rendere la terra fertile e l’aria profumata.

A sera, quando si è di nuovo tutti radunati, Astro arriva con nuove domande.

«Senti – dice rivolto ad Alba – è stato accennato diverse volte ma poi non ho mai avuto il tempo di chiedertelo: mi potresti raccontare di quando tu e gli altri siete giunti al villaggio, per favore?»

«Non è un segreto – risponde Alba – ma mettiti comodo perché non sarà breve»

«Grazie – risponde Astro adagiandosi sul corpo di Fortezampa – tutto quello che vi ricordate» aggiunge mentre con una mano accarezza il collo di Fortezampa e con l’altra accarezza MicioGatto che gli è andato ad acciambellarsi sulle gambe.

«Iniziamo da me – comincia a raccontare Alba – Io sono stata trovata dagli adulti, un giorno, tra gli alberi. Avevo con me l’hard disk e tutta quella montagna di fogli che hai riordinato. Ero appoggiata ad uno dei tronchi, priva di conoscenza e fredda come un cadavere. Forse mi avrebbero scambiata per morta se non fosse che respiravo. Naturalmente questo me lo hanno raccontato gli adulti, dato che io ricordo solo quando mi sono svegliata su un letto. Ero circondata dagli adulti; provai a dire qualcosa ma ero senza voce. Quel giorno rimasi a letto, con gli adulti che mi accudivano a turno. Fu così che mi legai a loro e decisi di far tutto quello che era in mio potere per ringraziarli. Il giorno dopo avevo riacquistato la voce, ma mi ci volle un altro giorno prima di riuscirmi ad alzare. Mi facevano male i muscoli ma attribuii la cosa alla degenza. La prima cosa che feci, dopo aver ringraziato gli adulti, fu andare dagli alberi. Come già sai, mi sento molto legata a loro anche se non so il perché. Forse gli adulti quel giorno mi presero un po’ per matta, vedendomi andare a salutare uno per uno gli alberi ed abbracciare i loro tronchi. Le fronde si muovevano ed a me sembrava che mi rispondessero. Solo poi con l’arrivo di Fortezampa capii che mi rispondevano davvero. Comunque sia, non appena mi fui ripresa del tutto, iniziai a dare una mano per far prosperare il villaggio che mi aveva soccorsa. Studiai insieme agli altri tutte le soluzioni possibili, misi tutte le mie conoscenze e le mie abilità al servizio del villaggio. Non appena fu possibile fabbricai l’Ala con la quale iniziai i miei giri di ricognizione e le mie raccolte dati. Fu grazie all’Ala che scoprii il Magazzino ed il giorno dopo, con un po’ di stupore a dire il vero, vi trovai Fortezampa. Lo trovai privo di conoscenza, adagiato su un aggeggio con le ruote che sfruttai per poterlo portare al villaggio. All’epoca per me Fortezampa era solo un cavallo che aveva bisogno di cure. In verità mi bastò tenerlo al caldo e con un sacchetto di ghiaccio sulla testa. Il riposo fece il resto e la mattina dopo si svegliò»

«Ora devi sapere – interviene Fortezampa – che io ho un vago ricordo di dove mi trovavo prima di arrivare al villaggio. Non è un ricordo piacevole: mi trovavo in una specie di miniera che andava a fuoco ed io stavo correndo terrorizzato, cercando disperatamente una via di fuga. C’era il fumo che mi soffocava e diverse forti esplosioni e crolli avvenivano intorno a me. Ricordo che correvo in quell’ammasso di fuoco e fumo, senza sapere dove andare. Poi vidi in lontananza una luce, pensai fosse l’uscita e mi lanciai a tutta velocità verso di essa, saltando e schivando tutto ciò che avevo intorno. E quando la raggiunsi… mi ritrovai al villaggio! Ricordo ancora di essermi guardato intorno ed agitato per alcuni secondi prima di rendermi conto di essere da tutt’altra parte. Non avevo idea di come ci ero arrivato, ma ero in salvo. Subito dopo incrociai lo sguardo con quella ragazza davanti a me che cercava, un po’ goffamente, di calmarmi. Non so dirti perché quella ragazza mi trasmise fiducia ma fu grazie a lei che capii di essere al sicuro, così mi calmai»

«Naturalmente “quella ragazza” ero io – riprende Alba – Sono rimasta spaventata quando ho visto aprirsi quegli occhi con uno sguardo così pieno di paura e subito dopo ha iniziato ad agitarsi ed a scalciare. Cercavo di calmarlo ma non sapevo che fare. Poi, per fortuna, i nostri sguardi si sono incrociati, lui ha smesso di agitarsi, un attimo dopo la paura ha abbandonato i suoi occhi e si è di nuovo sdraiato, completamente calmo. Allora io mi avvicinai a lui ed iniziai ad accarezzarlo ed a parlargli per farlo sentire tranquillo ed al sicuro. E lui sorrise. La cosa stupì più gli adulti che me. Ricordo di essere rimasta accanto a lui a parlargli per oltre un minuto. In verità non pensavo che mi capisse fin quando non mi venne da chiedergli: “Ora è tutto a posto, vero?”; lui annuii, lasciandomi di sasso, e poi parlò: “Io mi chiamo Fortezampa…”. Che salto abbiamo fatto a sentire la sua voce. “Ma… ma… tu parli!” mi ricordo di avergli detto. “Sì, anche tu” mi ha risposto. In quel momento mi sembrò decisamente logico. Solo più tardi gli adulti mi fecero notare che non era logico per niente, ma per me ormai era diventato speciale e non me ne importava più niente; gli adulti, invece, impiegarono un paio di giorni ad abituarsi a Fortezampa. Ritornando a quel momento, andai a sedermi di nuovo vicino a lui e mi presentai e parlai un po’ con lui. A Fortezampa gli ci volle una giornata prima di essere in forze ed alzarsi e venir fuori. Anche a lui dolevano i muscoli e pensai che fosse dovuto alla degenza. Comunque sia, lo portai tra gli alberi e di lì a poco capii che poteva comunicare con loro e che loro capivano e rispondevano. Ne fui meravigliata ed entusiasta»

«Fece proprio i salti di gioia – aggiunge Fortezampa – Correva da un albero all’altro esattamente come hai fatto tu fino a poco fa»

«E fu proprio grazie a Fortezampa che quel giorno capimmo che erano gli alberi a darci la legna che cercavamo e, nel corso degli altri giorni, anche tutte le altre capacità. Frattanto anche Fortezampa si era ripreso ed aveva iniziato a darci una mano. Fu allora che, al Magazzino, sentii qualcuno piangere»

«Quel qualcuno ero io – interviene Gaia – Mi sono svegliata di soprassalto. Non riuscivo a ricordare l’incubo che avevo avuto né null’altro. Mi ricordo che ero rimasta spaventata per l’incubo e perplessa per dove mi trovavo: mi ero risvegliata su un sedile di una macchina tutta rotta. Mi sono guardata intorno e poi sono uscita. Iniziai a girare per quello strano strano luogo, pieno di roba rotta ed in breve mi resi conto di essere in una specie di Cimitero delle Cose. Ma la cosa che mi ha più spaventata era che ero da sola. Cercai, chiamai, ma non c’era nessuno. Quando mi resi conto di essere davvero sola, iniziai a piangere. Non so per quale motivo tornai alla macchina, ma so che mi sedetti e piansi. Non so quanto tempo passò prima di sentire una voce»

«Beh, quando sentii il pianto – prosegue Alba – cercai la sua origine ed in breve trovai Gaia che stava piangendo. A differenza degli adulti, io non mi stupii affatto di trovarmi di fronte una bimba-giaguaro. Mi chiesi invece perché stesse piangendo. “Perché piangi?” provai a chiedere. Sentendo la mia voce, Gaia alzò la testa di scatto e mi guardò. Sbatté un paio di volte le palpebre, poi si strofinò gli occhi per asciugarsi le lacrime e mi guardò di nuovo. “Non sono sola!” strillò saltandomi in braccio e stringendomi fortissimo. E mentre io ricambiano l’abbraccio, lei ricominciò a piangere»

«Erano lacrime di gioia» precisa Gaia.

«Così mi sedetti da qualche parte – riprende Alba – tenendo stretta a me la bimba e dandole qualche pacca sulla schiena in attesa che si calmasse. Quando smise di piangere, le porsi un fazzoletto per asciugarsi le lacrime. “Va meglio?” le chiesi. Lei annuì ed in effetti mi sembrava molto più serena.
“Io mi chiamo Alba” dissi per rompere il ghiaccio.
“Io Gaia” rispose lei.
“Bel nome!”.
“Grazie. Anche il tuo è bello”.
“Senti, mi vorresti dire perché piangevi?”.
“Perché ero da sola. Mi sono svegliata in questo Cimitero delle Cose e mi sono resa conto di essere sola. Mi sono spaventata”.
“Beh, adesso hai incontrato me e, se vuoi, ti porto al villaggio dove c’è un sacco di altra gente, così non sarai più sola”.
“Sul serio?”.
“Certo! Voglio vederti sorridere. Voglio che il tuo nome sia un programma: che tu sia felice”
E la bimba sorrise per la prima volta. Poco dopo volai in direzione del villaggio con Gaia in braccio. Sentivo il cuore di lei battere a mille per l’emozione e vedevo la sua felicità stampata in volto. Come già accennato, gli adulti rimasero molto perplessi a trovarsi di fronte ad una bimba-giaguaro. Non che la trattassero male ma per loro era un fenomeno da circo, almeno fin quando non si abituarono alla sua presenza, due giorni dopo. Con Fortezampa la cosa fu diversa: entrambi si guardarono a lungo, per quasi un minuto e poi dissero insieme: “È la prima volta che ti vedo, eppure ti conosco” ed un attimo dopo Gaia abbracciò Fortezampa ed iniziarono a coccolarsi a vicenda. Divennero quasi inseparabili. Fortezampa gli mostrò tutto il villaggio e le presentò gli alberi»

«Anche Gaia fu felicissima degli alberi: si arrampicò su di loro, saltò da un ramo all’altro e ci parlò a lungo» aggiunge Fortezampa.

«Di particolare ho da dire – riprende Alba – che anche Gaia soffriva di dolori muscolari. È vero che anche lei poteva aver avuto un qualche tipo di degenza prima di svegliarsi in quella macchina, ma tre casi mi sembravano troppi. Così decisi di fare alcune analisi. Come ti è già stato detto, nessuna analisi portò a qualcosa. Invece ricordo con piacere quando Gaia, dopo essere stata tutto il giorno con Fortezampa, venne da me, mi guardò, allargò le braccia e disse: “Sono morbida! Mi dai le coccole?”. Io la presi in braccio e la strinsi a me. Lei era sempre stata “morbida” ma quella sera lo era particolarmente. Mentre stavo lì, a tenerla stretta a me ed ad accarezzarla, lei aggiunse: “Solo tu e Fortezampa mi date le coccole. Ma a me piacciono le coccole”.
“Gli adulti non te le danno?”.
Gaia scosse la testa.
“Ho provato a chiederlo, ma…”.
“Vedrai che tra un paio di giorni te le daranno pure loro. Per il momento, però, vorrà dire che ti darò le coccole per tutti e venticinque” e mi misi a coccolarla con decisione.
Gaia prima rise e poi iniziò a fare le fusa; e più riceveva coccole, più faceva fusa; e più faceva fusa e più io le davo le coccole. Credo di essere stata due ore a coccolarla quel giorno. Come poi ebbi modo di apprendere, anche una volta abituati alla presenza di Gaia, gli adulti sono sempre stati molto tirchi con le coccole»

«Credo di aver ricevuto al massimo un grattino sulla testa da ognuno di loro, da quando sono qui» aggiunge Gaia.

«Però ha avuto modo di rifarsi – prosegue Alba – Infatti due giorni dopo il suo arrivo, trovai i bambini»

«Ci siamo svegliati in una specie di pullman tutto rotto – interviene un bimbo – e ci siamo guardati intorno un po’ perplessi. Non ci ricordavamo nulla di quello che ci era successo prima. Sapevamo solo che stavamo insieme da sempre e che dovevamo aiutarci l’un l’altro. Così ci siamo dati da fare»

«In verità – interviene una bimba – il primo momento è stato un po’ caotico: nessuno di noi ricordava niente, nessuno sapeva dove eravamo né cosa dovessimo fare. Solo dopo esserci resi conto di essere in un Luogo delle Cose e che lì potevamo recuperare del materiale, abbiamo iniziato ad organizzarci. Avevamo da poco acceso un fuoco e stavamo ancora decidendo il da fare, quando giunse lei»

«Proprio così – riprende Alba – Avevo visto il fumo alzarsi dal Magazzino e mi ero avvicinata per vedere cosa era successo. Grande fu la mia gioia quando vidi dei bambini. In breve si radunarono ed io capii che erano solo loro; 74 bambini: 37 maschi e 37 femmine. Non so dire cos’è che ci attirò in modo particolare, ma, poco dopo le presentazioni, stavo già giocando con loro; li ho abbracciati e coccolati; loro si sono arrampicati su di me; io solleticavo loro e loro solleticavano me; gli ho letto anche un paio di storie ed abbiamo chiacchierato. Così è saltato fuori che loro si erano svegliati in questo luogo e che non sapevano che fare ed io gli proposi che venissero al villaggio. Gli parlai della presenza degli adulti, di Fortezampa e di Gaia, nonché degli alberi. Rimasero meravigliati e furono ben lieti di unirsi a questa specie di strana famiglia che era il villaggio. Visto che il pullman aveva ancora le ruote buone, decidemmo di usarlo per trasportarli. Ognuno di loro raccolse degli oggetti che ritenevano utili mentre io legavo l’Ala al veicolo. Un quarto d’ora dopo eravamo in viaggio per il villaggio. Fu durante il tragitto che io mi accorsi di quanto ero felice di avere tanti bambini intorno e di come questi mi considerassero importante, nonostante ci fossimo da poco conosciuti. Al villaggio la reazione degli adulti fu più fredda di quanto mi aspettassi. Non che non furono lieti di avere dei bambini al villaggio, il “muro” nacque dopo, ma non fecero i salti di gioia che avevo fatto io quando li avevo visti. Invece i bimbi furono entusiasti di incontrare il cavallo parlante Fortezampa e la bimba-giaguaro Gaia. Ricordo ancora che, dopo le presentazioni, chiesero a Gaia: “Dunque tutto quel pelo è vero?”.
“Sì” rispose lei.
“Devi essere morbidissima”.
“Sì! Vuoi provare?” ed allargò le braccia.
Un attimo dopo era sommersa dai bimbi che la coccolavano e lei faceva un sacco di fusa. Anche Fortezampa fu sommerso dai bambini per essere coccolato. Non so per quanto tempo andarono avanti. So che quando ebbero finito, Gaia era completamente spettinata ed era felicissima. Come già sai, divenne in breve una routine coccolare Gaia più volte al giorno»

«Ed a me piace molto» aggiunge Gaia.

«Bip! Bip!» commenta Sara.

«Dice che sei molto coccolona» traduce Astro.

Gaia annuisce contenta.

«Anche per quanto riguarda gli alberi i bimbi furono molto entusiasti di loro ed esattamente come Gaia si arrampicarono su di loro, ci parlarono e ci giocarono» specifica Fortezampa.

«E mentre loro coccolavano Gaia e Fortezampa, scoprivano il villaggio e facevano conoscenza con gli alberi – riprende Alba – io presi la mia decisione e mi organizzai per poter educare questi piccoli. Non solo leggere, scrivere e far di conto, o quant’altro fosse stato necessario insegnargli, ma anche che crescessero sani, belli, felici e, soprattutto, continuassero ad essere buoni. E visto che sembrava stessero bene insieme, mi sembrò naturale preparare la Nursey: lì avrebbero dormito insieme tutti i bambini e Gaia, nonché Fortezampa, visto che era inseparabile. Mentre preparavo la Nursey, alcuni bambini si affacciarono e, non appena ebbero capito quello che stavo facendo, corsero a chiamare gli altri. In breve tutti i bambini, compresa Gaia, e Fortezampa erano lì per darmi una mano: suggerivano, costruivano e davano una mano come potevano. Giocarono anche, saltando sui materassi e prendendosi a cuscinate, ma mi furono di grandissimo aiuto. Fu allora che stabilii che avrei premiato chiunque dava una mano, in modo da incentivarli: maggiore era l’aiuto, maggiore era il premio, come ti è stato spiegato»

«Ed è una cosa bellissima» commentano i bambini in coro.

«Quella sera gli adulti mi fecero notare che questi bambini erano molto affiatati: non litigavano, non si facevano dispetti, condividevano spontaneamente le cose. Ma se a loro ciò sembrava assurdo, a me faceva piacere: significa che si vogliono un bene dell’anima. Ma il vero “muro” nacque quando esplose il problema del dolore muscolare. Devi prima sapere che anche i bambini soffrivano di dolori muscolari ed anche a loro nessuna analisi portò a qualcosa. Ma se fino ad allora la cosa era scocciante ma sopportabile, due giorni dopo il loro arrivo, avvenne il patatrac. Mi ricordo che stavo camminando quando il dolore arrivò tutt’insieme. Non so descriverti il dolore che provai. Era fortissimo. Sembrava che l’intero mio corpo volesse accartocciarsi. Mi è stato raccontato che ero caduta a terra, contorcendomi in modo orrendo. Non riuscivo neanche ad urlare. Per mia fortuna decisi di trattare la cosa come fosse un crampo esteso. Quando hai un crampo ad una gamba, la gamba tende a piegarsi ma tu invece la devi tendere affinché le fibre muscolari, stirandosi, si sciolgano. E così feci io: non con poca fatica riuscii a stendere il mio corpo ed a stiracchiarlo, stendendo ogni fibra del mio corpo fin quando non sentii i muscoli sciogliersi ed il dolore scemare. Ricordo di essere rimasta a terra, ansimante, sudata e dolorante. Vicino a me c’erano i bambini e Fortezampa che mi guardavano preoccupati. Come poi mi spiegarono, non appena si erano accorti di quello che stava succedendo, si erano avvicinati a me ma non sapevano che fare. Solo dopo che hanno capito quello che cercavo di fare, hanno cercato di aiutarmi, afferrandomi e tirandomi. Ne fui molto grata. Ma poche ore dopo fu il turno di Fortezampa di contorcersi. Spero tu non debba mai vedere che razza di torsioni subisca il corpo sotto l’azioni di questi spasmi muscolari. Per aiutare Fortezampa mi ci volle l’aiuto di tutti i bimbi e dovetti anche usare delle corde per poterlo aiutare. E dopo Fortezampa toccò a Gaia ed infine, due a due, a pochi minuti di distanza, toccò anche a tutti gli altri bambini. Una cosa decisamente impressionante. Quella sera mi arrabbiai non poco con gli adulti: nessuno di loro era intervenuto in nostro soccorso, anzi si erano tenuti a debita distanza. Da quel momento si alzò definitivamente un muro tra loro ed i bambini: secondo gli adulti i bambini erano portatori di chissà quale malattia ed a nulla valsero i miei tentativi di farli ragionare – fa una pausa abbracciando i bambini – La soluzione al problema mi venne il giorno dopo. Sentii una strana sensazione e mi ricordai che fu la stessa che sentii il giorno prima, poco prima di iniziarmi a contorcere. La mia reazione fu quasi istintiva: se il dolore era, in un certo senso, passato facendo stirare i muscoli, forse facendogli fare degli esercizi avrei potuto scongiurare il problema. Così iniziai a fare ginnastica. Credo un minuto dopo arrivarono Gaia e Fortezampa, mi guardarono per un momento ed iniziarono anche loro a fare ginnastica e così, pochi minuti dopo, anche tutti gli altri bambini»

«Anche noi avevamo avuto la stessa sensazione che precedeva il dolore ed eravamo andati da Alba a chiederle aiuto. Vedendola fare ginnastica abbiamo capito che poteva essere quella la soluzione» aggiunge Gaia.

«E ha funzionato – prosegue Alba – Dopo circa un’ora di esercizio fisico, il dolore era scomparso. Non c’era più neanche quello latente che ci aveva perseguitato fino a quel giorno. Come poi ebbi conferma, il dolore si ripresentava giorno per giorno: dapprima sembra che non vi sia niente, poi senti una strana sensazione che via via diviene sempre più pressante, fin quando non esplode il dolore. La ginnastica evita tutto questo. Ed è per questo che approntai l’apparecchio per Fortezampa e la palestra per tutti noi. Mi ci vollero due o tre giorni per trovare una buona combinazione di esercizi e capire quando era meglio farli: aspettare l’ultimo secondo poteva essere problematico, se per qualche motivo non si poteva farli, ad esempio con l’arrivo di una tempesta radioattiva; altresì farla troppo presto poteva risultare inutile, con l’ovvia conseguenza che il dolore ci avrebbe perseguitato, magari nel momento meno opportuno. Devo dire che la cosa funziona decisamente bene»

«Anche la doccia l’ha inventata insieme alla palestra – interviene Gaia – La prima volta che ci ha portato lì, ha detto che voleva unire l’utile al dilettevole. “Voglio che la doccia sia divertente: fate parapiglia” ci ha detto e noi le abbiamo dato retta: in cinque minuti abbiamo stabilito cosa fare e da quel momento non ci siamo più fermati»

«Eh sì: mi diverto un mondo col loro parapiglia – conferma Alba sorridendo – comunque credo di aver finito e detto tutto quello che volevi sapere» conclude.

«Come avete capito che Gaia e Fortezampa erano più che utili dopo una tempesta radioattiva?» chiede Astro.

«Ah, già: è vero – risponde Alba – Fu quasi per caso. Devi sapere che avevo intenzione di insegnare anche un po’ di musica ai bambini. E ci siamo resi conto che la musica in qualche modo influenzava Gaia e Fortezampa e succedevano “effetti strani”: oggetti che si muovevano, luci che cambiavano e cose simili. A seconda della musica suonata, gli sguardi di Gaia e Fortezampa cambiavano ed accadeva qualcosa. In verità non ho voluto mai fare esperimenti approfonditi per paura di far loro del male, principalmente, o scatenare qualche reazione incontrollabile, secondariamente. Ora devi anche sapere che da quando io ero arrivata, fino a circa una settimana dopo l’arrivo dei bambini, non vi furono tempeste radioattive. La tempesta che si scatenò subito dopo fu decisamente violenta. Fu allora che ci rendemmo conto che Fortezampa era in grado di capire se eravamo tutti presenti o se mancava qualcuno. E capimmo anche che mai avremmo avuto l’aiuto degli adulti. Credo che quel giorno vi fu la rottura definitiva tra i bambini e gli adulti. Comunque sia, la tempesta durò tre giorni. Per fortuna ero stata previdente a costruire i vestiti piombati per tutti. Quando uscimmo c’erano circa 50 cm di polvere radioattiva posata ovunque ed un livello di radiazioni spaventoso. Fu allora che i bambini arrivarono con gli strumenti musicali e Gaia e Fortezampa erano già d’accordo all’esperimento. Con la musica loro erano in grado di compiere cose straordinarie; magari potevano fare qualcosa anche in questo frangente. Così ci provammo. Dopo aver provato qualche nota, decisi di seguire l’istinto o, come dico io, farmi guidare dal vento. La musica si alzò nell’aria e, dopo poco, Gaia e Fortezampa scatenarono tutto il loro potere. Avevo pensato che avrebbero portato via la polvere radioattiva ed invece fecero scomparire la radiazione nel nulla, come non fosse mai esistita. Dopo lo stupore iniziale, quel giorno fu festa»

«Fui portata in trionfo – interviene Gaia – come premio richiesi una super-coccolata maggiore»

«E non contenti di questo, aggiungemmo un sacco di giochi – aggiunge Fortezampa – In verità voleva portare in trionfo pure me, ma pesavo troppo»

«Fu quel giorno che inventai il modo di pulire materassi, cuscini ed alberi – dice Alba – che li divertì molto»

«Ed a sera giocammo di nuovo con l’acqua – interviene Fortezampa – a cui aggiungemmo un’infinità di solletico, soprattutto ad Alba, ed una montagna di coccole, soprattutto a Gaia»

«L’idea del solletico è stata di Fortezampa – specifica Alba – e come hai visto è ormai una routine. Per fortuna a me piace»

«È per questo che l’ho proposto» puntualizza Fortezampa.

«In conclusione – prosegue Alba – Quel giorno dovemmo organizzarci per ripulire tutto il villaggio, ma il problema radiazioni, almeno post-tempesta, fu definitivamente risolto»

«Ok. Mi è tutto chiaro – dice Astro – Molte grazie»

«Prego – dice Alba – Allora possiamo andare a letto»

«Allora bisogna dare le coccole a Gaia!» esclama un bimbo.

«Sì! Io morbida!» esclama in risposta Gaia ed un attimo dopo è sommersa dai bambini che le fanno le coccole e lei fa le fusa.


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