Essere una TecnoRaider

Colloqui

«Cosa ti spinge ad essere una TecnoRaider?» chiede Lea a Rubinia.

«Uhm… Flora» risponde lei tenendo i pugni sulle ginocchia.

«Cioè?»

«Sai cos’è un Sangue di Rubino?»

«Spiegamelo»

«È una particolare mutazione del sangue. Si dice che offra qualche sorta di potere, qualcosa a che fare col fuoco o la forza o non lo so. Posso assicurarti che è una maledizione: il sangue brucia e corrode. Puoi sopravvivere solo con continue trasfusioni. Flora era colei che mi donava il sangue. L’avrebbero dissanguata pur di farmi vivere un giorno in più. A che scopo poi? È triste. Un giorno però Flora è scomparsa. Senza più il suo apporto di sangue, ho iniziato a peggiorare. Stavo malissimo. Ma lei è tornata. È tornata con la cura. Ha stabilizzato il mio sangue. Non ho più bisogno di trasfusioni. Lei dice che sono ancora una Sangue di Rubino ma ora sono stabile. Mi ha dato una vita: come poter rifiutare la sua proposta. E poi… quando sono stata qui, quando mi hanno accolta, l’ho capito: sarei diventata una Tecnoraider! Avrei mostrato a tutti che anche un Sangue di Rubino può essere qualcuno, senza bisogno di lasciare scie di cadaveri alle spalle!»

***

«Cosa ti ha spinto ad essere una Tecnoraider?» chiede Lea a Giada.

«Uhm… tu!» risponde lei dopo essersi lisciata i capelli.

«Io?»

«Sì, ti ho visto all’opera. Non sei umana e sei una persona importante. Quindi avrei potuto esserlo anch’io»

«Tu sei umana»

«Io sono una Goccia di Rugiada»

«Non è una bella cosa far sentire bene gli altri?»

«Non quando ti trattano come un oggetto – a quelle parole Lea muove la coda – Ho passato bruttissimi momenti, chiusa dentro scatole, senza mangiare. Quando mi hanno assegnato a Rubinia ero terrorizzata: mi avevano detto che una Sangue di Rubino brucia e consuma tutto ciò che tocca. È tutto sbagliato: Rubinia è stata l’unica che mi ha trattato da essere umano. Era lei a pensare a me. Forse inizialmente un po’ per egoismo: io l’aiutavo a stare bene, se io stavo bene allora l’avrei fatta sentire meglio. Ma anche se fosse, siamo poi diventate amiche. Lei è stata per me una persona speciale, come lo è stata Flora. Ero da Rubinia quando ti ho visto e ho pensato che la mia vita poteva cambiare. Quando Flora è arrivata con la cura per Rubinia e mi ha offerto di andare con lei, ho colto l’occasione al volo. Sarei diventata anch’io una Tecnoraider come te. Avrei dimostrato a tutti che l’oceano è fatto di gocce!» stringe il pugno.

***

«Vieni dentro Stiven, accomodati» dice Lea ad una ragazzina con i capelli castani legati in una crocchia.

Stiven si siede. È rigida come un pezzo di marmo; non guarda Lea.

«Rilassati – dice lei – anche se sembro una leonessa, non lo sono: non ti mangio mica. Coraggio, guardami»

Due occhi neri carichi di disgusto e rabbia la osservano per un momento, prima di distogliere di nuovo lo sguardo.

«Cosa c’è che ti dà fastidio di me? I miei occhi di colore diverso? Le mie ciccatrici? Od il fatto che ai tuoi occhi, io sono un mostro?»

Nessuna risposta.

«D’accordo. Parlami di te, allora. Come mai vuoi essere una TecnoRaider?»

«Per aiutare la gente dopo il Grande Cataclisma – la voce è monocorde, quasi una cantilena – permettere a loro di tornare a vivere, nonostante i Vermi DivoraRoccia, gli Squali Terrestri, i terribili Scorpionfolk e tutti quegli altri pericoli che ormai abbondano»

«Bel discorso… peccato sia una bugia»

Stiven guarda per un istante Lea e distoglie di nuovo lo sguardo.

«Come fa a dirlo?» chiede. La sua voce trema.

«Non mi guardi, tentenni, il battito cambia, la voce pure, ma soprattutto sento l’odore della menzogna. Non quello di una piccola bugia, ma di qualcuno che pensa di prendermi per il naso»

Si alza ed afferra per le spalle Stiven; lei ha un sussulto.

«La sincerità è d’obbligo tra i TecnoRaider – dice Lea – Senza sincerità non c’è fiducia, senza fiducia non c’è squadra e senza squadra si è morti! – l’afferra per il mento e la costringe a guardarla – Ora, Stiven, insultami pure, se vuoi, ma voglio la verità!»

***

Lea si trova in mezzo ad altre leonesse; la stanno festeggiando per la missione appena conclusa. Una leonessa bianca ed una nera le stringono vigorosamente le mani.

«Sei stata formidabile: hai tutto il diritto di entrare a far parte dei Leoni di Giada. Sei pronta?»

Lea annuisce. Le altre la bloccano, la costringono in ginocchio, ed afferrano la testa. Le tengono l’occhio destro aperto.

«Farà male» ghignano la leonessa bianca e nera, estraggono gli artigli e colpiscono!

Lea si sveglia di soprassalto nel suo letto. Si tiene l’occhio con la mano. Sentendoselo bruciare, corre al bagno, apre un armadietto e recupera una boccetta. Getta tre gocce nell’occhio e sbatte le palpebre.

«Cribbio!» esclama.

Il giorno dopo sta facendo alcuni esercizi di respirazione e ginnici, muovendo ad un ritmo che sente solo lei, le braccia, le gambe e la coda.

«La danza Tasla! È da tempo che non te la vedevo fare: problemi?» chiede Jen giungendo.

«Il mio cervello sta cercando di dirmi qualcosa, ma io non capisco che cosa – risponde Lea – Continuo ad avere incubi»


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