Il Passato che ritorna

Alex

Tutto ebbe inizio una fredda mattina. Non so ancora come mi ritrovai lì nel bosco. Allora ero un ragazzo normale, per il mio mondo almeno. Indossavo T-Shirt, Jeans e scarpe da ginnastica. Non avrei mai creduto a quello che mi era capitato. Anzi, non lo credevo. Ho rischiato di crepare proprio per questo, quando ho incontrato quei tre banditi, uno più ubriaco dell’altro. Pensavo fossero dei cosplayer, che le loro armi fossero finte. Devo ringraziare i miei riflessi e la loro ubriachezza se evitai il colpo mortale. Mi resi conto che o combattevo o morivo. Sono bravino col Karaté, almeno quel tanto che è bastato per stenderli tutti. Ho rubato loro i soldi: qualcosa mi diceva che ne avevo bisogno. Ti ho detto: non so come ci sono capitato, non so perché e non so nemmeno per quale motivo non mi interessi tornare indietro. So che dovevo andare avanti: non potevo rimanere nel bosco a morir di stenti.

Quando raggiunsi la città, incontrai Yrne, una bellissima ragazza. La prima cosa che mi colpì di lei fu il suo vestito: era blu con bordi bianchi, lasciava scoperta la parte superiore del corpo, fino a metà seno, e la gonna era praticamente inesistente; indossava anche una calzamaglia blu scura, quasi nera; la seconda cosa fu il suo volto: sembrava un diamante, con due grandi occhi azzurri, le labbra piccole e rosse, i capelli biondi corti, ma soprattutto il suo sorriso, un sorriso sincero, delicato, ne ho visti pochi così. Sì, la terza cosa fu il suo corpo: sono un maschio, che vuoi? Lei era semi nuda: tutto il vestito era fatto per esaltare le sue curve, il suo seno, i suoi glutei; non potevo fare a meno di notarlo e di soffermarmici. Ma a lei non sembrava dare fastidio. Fu proprio lei ad invitarmi alla locanda. Mi disse che sembrava avessi bisogno di un posto dove poter mangiare e riposare e mi invitò a seguirla. Mi fece accomodare ad un tavolo e mi chiese cosa volessi. Io gli mostrai i miei soldi e gli chiesi cosa potevo avere con quelli.

«Una buona minestra calda ed una coperta per dormire in stalla» fu la sua risposta disarmante.

Stavo aspettando la mia magra cena quando arrivò quell’altra, parlò un attimo con Yrne e venne da me.

«So che hai affrontato tre banditi e li hai sconfitti a mani nude – disse senza tanti mezzi termini – È vero? Voglio tutti i dettagli!»

«Eh? Cosa? Ma tu chi sei?» fu la mia risposta.

«Tabit la Rossa – si indica i capelli – E sono interessata al tuo racconto. Sul serio»

«Ma perché…»

«Ti offro una sostanziosa cena ed una buona stanza da letto in cambio»

Accettai. Le raccontai per filo e per segno quanto era accaduto e lei sembrò molto soddisfatta del racconto. Mi disse che probabilmente ci saremmo visti altre volte e si congedò. Mantenne la promessa: Yrne mi portò una cena da re e poi mi accompagnò in camera, dove vi era stato anche preparato il bagno. Mi chiese se avessi bisogno di qualcosa. Le dissi di no e che poteva andare. Non ho mai visto una faccia così stupita. Quando le diedi la conferma, lei sorrise felicissima e se ne andò danzando.

Così iniziò la mia vita lì: per pagarmi da mangiare e da dormire, iniziai ad aiutare Yrne alla locanda. Lei… sembrava davvero felice con me accanto. Ogni volta che le facevo una gentilezza, la ringraziavo od intervenivo in sua difesa contro qualche ubriacone, lei diventava felicissima e danzava. Non ho mai visto una felicità così sincera. E poi c’era Tabit, spuntava ogni volta che io facevo qualcosa, che fosse difendere Yrne, calmare un cavallo, portare a casa un bambino, lei subito spuntava e voleva tutti i dettagli. In cambio mi diede dei vestiti decenti, mi mostrò la città, mi mostrò Fulgida, l’arma magica che, allora, era ancora chiusa nella teca in attesa del nuovo padrone… Tutto ciò che imparai del mondo lo devo a Tabit, in cambio di ogni mio racconto. Mi fece anche conoscere l’elfo Ashen ed il mezzogigante Thoman, nonché Rotosk, un tizio che mi fu subito antipatico a pelle.

Un giorno mentre Tabit era presente, io aiutai Yrne a spostare un banco. Quando la vide andarsene danzando, mi raggiunse.

«Ma allora era vero!» mi disse.

«Vero, cosa?»

«Che tu non hai mai…»

«Cosa?»

«Allora tu e lei…»

«Che?»

«Quindi tu non sai…»

«Ti decidi a finire una frase!»

«Oddio quanto sei ingenuo!» e scoppiò a ridere.

«Cosa c’è da ridere?» le chiesi.

«Per te niente, per me tutto!» e continuò a ridere tanto da rotolarsi per terra.

Mai capito perché ridesse così tanto.

Quella notte stessa, sentii dei rumori, mi affacciai alla porta e vide Yrne correre. Aveva solo la calzamaglia addosso e si copriva il seno con le mani. Sembrava terrorizzata ma nessuno la inseguiva. Quando mi ha visto, i suoi occhi si sono accesi di speranza. L’ho invitata in camera, ho trovato qualcosa per coprirla e le ho offerto da bere. Quando si è calmata mi ha detto:

«Grazie di considerarmi una come te»

«Perché? Gli altri come ti considerano?»

«Per gli altri io… – mi guarda – lascia perdere: troppo complicato da spiegare. Posso dormire qui?»

La lasciai dormire sul letto ed io dormii sul divano. Il giorno dopo lei se ne andò silenziosamente, lasciando il vestito sulla sedia ed uscendo seno al vento come fosse la cosa più normale del mondo. Quando la raggiunsi ai piani bassi, lei si era già rivestita e mi offrì una fetta di torta per averla aiutata a svegliarsi da un incubo. Due minuti dopo, Tabit fu di nuovo da me per saperne i dettagli…

Poi un giorno, anzi una notte, vennero gli orchi… credo: dei tizi brutti, grossi, arrabbiati e con la pelle verde. Vennero a mettere a ferro e fuoco la città. Tutti si organizzarono per la difesa, ma i tre migliori rimasero Ashen, Thoman e Tabit. Il primo agile e veloce, falcidiava orchi su orchi con le sue frecce, senza mai farsi raggiungere; il secondo era una montagna vivente che distruggeva tutto ciò che gli capitava tra le mani; assolutamente inarrestabile; la terza era molto esperta in tattiche e strategie e guidava tutti gli altri alla riscossa. Io invece me ne sono stato rinchiuso nella taverna, insieme a donne, anziani e bambini. Avevo paura. Arrivarono. Avevo un’arma lasciatami da Tabit e, non so perché, quando quello che era entrato ci raggiunse, io mi ersi in difesa di tutti. Riuscii a resistere un intero minuto prima di venir disarmato e quasi infilzato. Fu Fulgida a salvarmi: piombò nelle mie mani ed io parai il colpo, poi qualcosa in me cambiò; sconfissi tutti gli orchi che entrarono, li respinsi fuori e raggiunsi gli altri per la riscossa. Quando iniziò ad albeggiare, gli orchi erano in fuga, noi eravamo in salvo e tutti mi portarono in trionfo. Solo in quel momento tornai in me. Non so cosa avevo fatto, ne ho solo vaghi ricordi, eppure mi devo essere comportato come il più grande degli eroi, visto la festa che mi fecero. Fulgida aveva scelto il suo padrone e questo faceva di me qualcuno di speciale. Fu così che iniziai a frequentare giorno per giorno gli Spadaccini di Blens, di cui sia Ashen che Thoman, nonché Tabit e, purtroppo, Rotosk facevano parte. Tutti volevano insegnarmi qualcosa. E ci riuscirono, sai? Divenni primo spadaccino! Non lo avrei mai creduto. Naturalmente passavo moltissimo tempo anche con Yrne che continua a danzare ad ogni mio complimento o gentilezza, e Tabit continuava a starmi appresso per sapere ogni dettaglio di imprese che a me sembravano di poco conto ma che a lei interessavano molto. Mai capito quella ragazza.

Ma le cose, come sai, non durarono: Rotosk, maledetto lui, mandò degli assassini per uccidere me, Ashen, Thoman e Tabit. Fu di nuovo Fulgida a salvarmi: mi assalirono nel sonno; doveva essere un lavoretto facile e pulito ed invece Fulgida “comparve” nella mia mano ed io mi svegliai parando il colpo. Il resto non te lo so dire: so solo che ho salvato tutti, anche Yrne. Quando tornai in me, lei era nuda e mi abbracciava piangendo. Credo che Rotosk avesse cercato di violentarla. Quando si fu ripresa, ignorando la sua nudità, abbracciò tutti e disse che bisognava festeggiare quanto era accaduto. Poi andò a vestirsi. Tabit mi fece i complimenti per come ero riuscito a gestire la situazione. No, non ricordo cosa ho fatto; so di aver aiutato Yrne, so di averla salvata, ma non ricordo alcun dettaglio. Durante quella piccola festicciola, appresi anche che Yrne era molto di più di una locandiera. Fu lei a suggerirmi di andare al Ramaskan, una sorta di scuola, accademia, non so cosa, che mi avrebbe permesso di sviluppare le mie capacità che Fulgida ogni volta risvegliava. Mi accompagnarono tutti e fu proprio Yrne a presentarmi; a volte mi chiedo se non fosse un’autorità in quel luogo.

Quando lasciai quel luogo, appresi che Yrne e gli altri avevano lasciato la città; il mio superiore mi disse di venire qui e di consegnare la lettera sigillata.

***

«La ringrazio molto per la sua disponibilità – dice la ragazza dai capelli scuri richiudendo il taccuino – La sua storia è molto interessante e mi ha reso felice poterla sentire dalla sua stessa bocca: le informazioni di prima mano sono sempre le migliori»

«Mi tolga una curiosità – dice Alex – Come ha saputo di me e che ero qui?»

«Oh, le voci di un ragazzo proveniente da un altro mondo corrono. Ammetto di aver avuto qualche difficoltà ma quando l’ho vista qui, non sa quanti salti ho fatto – sorride – Ora la lascio agli altri o se la prenderanno con me perché l’ho monopolizzata» scherza.

Escono dalla stanza. Alex si rivolge agli altri e la donna si allontana sorridente. Non appena è sicura di non essere vista, esce dal villaggio e si nasconde dietro un grande albero. Sposta una pietra ed estrae uno zaino. Lo apre. Si toglie la parrucca rivelando una chioma bionda con un ciuffetto argentato. Si toglie poi i vestiti da paesana, rivelando un tatuaggio rappresentante un piccolo drago nero alla base del collo; prende dallo zaino dei vestiti da cacciatrice: maglia, giacchetta, pantalone, stivali. Indossa tutto e mette via il resto.

«Fantastico, fantastico, fantastico» commenta tra sé e sé mentre indossa lo zaino e si allontana.


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