Un Racconto

CAPITOLO 1: L’INIZIO

Gatto aprì prima un occhio e poi l’altro e si guardò beatamente intorno; la stanza dove si trovava era piccina ma, per lui, finemente arredata: aveva un piccolo letto dove poteva dormire, molto cibo ed acqua messi a portata di zampa, un grattatoio ed anche una lettiera pulita. L’aspetto di Micio lasciava, invece, alquanto a desiderare: era un gatto piccolo e minuto, molto magro, il suo pelo era molto colorato (aveva 5 o 6 colori) ma erano disposti da farli sembrare più macchie che altro, era di salute cagionevole e si reggeva appena sulle zampe, anche la sua voce sembrava più un pigolio.

Poco dopo che si era svegliato, entrò Mago; il suo aspetto era quello di un uomo alto e magro con gli occhi scavati, i capelli bianchi, la bocca che sembrava una fessura e le dita lunghe e strette. Si avvicinò al Gatto, che aveva iniziato a fare le fusa, lo prese delicatamente in braccio, lo accarezzò e disse con la voce più melliflua che sapesse fare: «Dormito bene?». Il Gatto fece segno di sì con la testa.

«Bene – riprese il Mago – allora andiamo a fare qualche analisi»

«Sono proprio necessarie tutte queste analisi?» gli chiese il Gatto

«Certo, abitiamo in un luogo non propriamente salutare e, come ben sai, tu sei di salute cagionevole. Meglio, quindi, tenerti sotto controllo»

Portò Micio nella stanza principale, che era anche il suo laboratorio, e lo posò su un tavolo; prese una siringa e gli prelevò del sangue, poi gli tagliò anche qualche pelo. Alla fine di tutta l’operazione lo riportò in camera dicendogli «Sei stato bravissimo»

Il Gatto sorrise.

Una volta depositatolo tornò nel laboratorio parlando tra sé e sé con la sua solita voce acidula: «Bravo stupido, continua in questo modo ed io avrò sempre tutti gli ingredienti di cui ho bisogno» e si mise a lavorare intorno alle sue pozioni.

Micio, nel frattempo, si stava dirigendo verso il cibo; «Sto un po’ male, forse mangiando mi sentirò meglio» stava pensando. Aveva già avvicinato la bocca al cibo quand’ecco che ricevette una sonora botta che lo fece volare sul lettino. Dall’ombra uscì un grande gatto nero con un occhio solo completamente rosso, al posto dell’altro occhio vi era una ciccatrice rossa; portava in bocca una pianta e, benché tenesse la bocca aperta, non si riusciva a distinguere i denti e la lingua. Si avvicinò al Gatto e gli depositò vicino la pianta, mentre Micio lo guardava stupito. «Prendila, fa schifo ma ti farà stare bene – gli disse il gatto nero – e non toccare più quel cibo, è quello che ti fa star male» detto questo si voltò e sparì nell’oscurità. Micio sorrise. «Sei sempre il solito burbero, ma ti voglio bene» pensò, poi addentò la pianta. Faceva veramente schifo. Poi Micio si mise a pensare «Chissà perché mi ha detto di non toccare quel cibo… Ci sono! Deve essere andato a male».

Verso sera Mago era pensoso, aveva vari alambicchi sul fuoco e lui se ne stava seduto comodamente su di una poltrona a fumarsi la pipa fatta di ossa di teschio. Non era soddisfatto, aveva fatto come ogni anno il suo dovere di malvagio, aveva scatenato pestilenze, guerre, incendi, inondazioni, terremoti e distrutto molte e molte cose, tuttavia quest’anno era uno di quelli dove avrebbe dovuto rendere conto del suo operato e lui avrebbe voluto far qualcosa di grandioso per compiacere il diavolo e farsi dare un aumento di poteri, ma nulla di quello che aveva fatto gli sembrava adatto. Mentre pensava sentì cigolare una porta, era Micio che stava entrando, il Mago aveva reso la porta cigolante appositamente per accorgersi dei suoi movimenti. «Strano, l’effetto del sonnifero avrebbe dovuto durare fino a domattina» pensò.

«Scusa Mago, io avrei un po’ di fame» dichiarò il Gatto

«E tutto il cibo che ti ho lasciato?» chiese il Mago con voce melliflua

«Ehm… Ha un odore strano, penso che sia andato a male» fu la risposta

«Deve essersi accorto del sonnifero» pensò il Mago; si alzò dalla poltrona, prese una ciotola e vi versò del latte, il suo primo pensiero fu quello di aggiungerci del sonnifero, ma poi cambiò idea. «Se si è accorto del sonnifero, dovrò cambiare tipo e non posso farlo stasera» pensò e porse la ciotola al Gatto che inizio a berla. Mentre beveva si sentì picchiare alla finestra. «C’è qualcuno là fuori, chi può essere?» disse il Mago contrariato. Fuori vi era una bufera di neve che soffiava incessantemente.

«Per saperlo basta aprire – disse il Gatto tranquillamente e, visto che non ebbe risposta, aggiunse – D’accordo ci penso io» salì faticosamente su una sedia e tentò di raggiungere la finestra, ma a metà strada si dovette fermare ansimante. Al Mago venne da ridere, afferrò il Gatto, lo posò a terra e disse: «Non c’è modo di toglierti dalla testa un’idea a te. D’accordo vediamo chi è il misterioso visitatore» poi rivolto verso la finestra disse:

«Alla voce che comanda
la finestra si spalanca»

Un attimo dopo la finestra si aprì di colpo ed entrò, oltre alla bufera di neve, un corvo. Era piccolo e con le penne fuori posto, ne aveva poche, aveva anche un’ala che teneva storta.

«E tu chi sei?» chiese il Mago

«Il mio nome è Corvo, lo so è un nome orribile, ma è quello che mi ha dato la mia padrona Madama Strega; a proposito sta venendo qui a farvi visita e mi ha mandato qui per annunciarla»

«Ma sempre nei momenti meno opportuni deve venire?» disse il Mago poi si rivolse alla finestra aperta e disse:

«Alla voce che ribatte
la finestra sbatte»

La finestra si richiuse con fracasso; il Mago si voltò verso le varie pozioni e disse:

«Con la voce che si fa tuono
cessa subito il frastuono
e con un gersto tosto
ogni cosa vada a posto»

I fuochi si spensero e tutte le pozioni si mossero velocemente e si misero tutte a posto in perfetto ordine. Il Mago a questo punto si raccomodò sulla poltrona.

Frattanto il Gatto stava guardando il Corvo e questo al Corvo non piaceva per niente.

«Che hai da guardare, gatto?» gli chiese

«Tu che uccello sei?» gli chiese il Gatto

«Non dirmi che non hai mai visto un corvo» fu la risposta; il Gatto scosse la testa e continuò a fissarlo

«Ma insomma che cos’hai da guardare?» sbottò il Corvo

«Cercavo di capire cosa c’è di strano in te»

«Di strano in me?»

«Sì, c’è qualcosa di strano ma non riesco a capire che cosa»

Prima che il Corvo potesse controbattere, la porta della casa andò in pezzi e vi entrò una tromba d’aria che cantava:

«Come quando scende la sera
ed arriva la bufera
la Strega a bordo di un ciclone
arriva cantando una forte canzone
e quando questa finirà
ecco che la Strega apparirà»

Come ebbe finito il ciclone scomparve e comparì la Strega. Era una donna alta e magra, i suoi capelli rosso fuoco erano estremamente lunghi, gli occhi sembravano 2 tizzoni ardenti ed anche le sue dita erano lunghe e strette. Il Mago, con faccia impassabile, fece finta di applaudire e poi disse:

«Possibile che mi devi sempre sfasciare la porta di casa quando arrivi?»

«Ma quanto sei noioso» rispose lei con la sua voce gracchiante, poi si rivolse verso la porta sfasciata e disse:

«Ecco che la porta è riparata
ed è subito pronta ed aggiustata»

In un attimo la porta si ricompose. «Molto bene – disse il Mago – adesso mi spieghi perché sei venuta?»

«Ti devo parlare di una questione importante, ma…» e la Strega guardò i due animali.

Il Mago guardò il Gatto che disse:

«Va bene, ce ne andiamo, vieni Corvo»

«Vengo dove?»

«In camera mia»

«Ma siamo matti!» poi si sentì gli occhi della Strega puntati addosso e gli venne un brivido. «Aspettami» si affrettò a dire ed i 2 animali se ne andarono.


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