Un Racconto

capitolo 3: la storia del gatto e del corvo

Nella sua stanza il Gatto continuava a fissare il Corvo e solo dopo un po’ di tempo dichiarò: «Ci rinuncio»

Anche al Corvo il Gatto sembrava strano ma secondo lui era perché era irrimediabilmente scemo.

Il Gatto disse: «Allora contami un po’ di te, che tipo sei, che tipo è la Strega, come vanno i rapporti con lei, tutto»

«Perché ti interessa?»

«Per curiosità»

«Perché te lo dovrei dire, non ti sei nemmeno presentato»

«Hai ragione. Io mi chiamo Gatto, o Micio, sono un tipo abbastanza calmo e tranquillo come il mio padrone che è molto buono e…»

«Bum!» lo interruppe il Corvo

«Cosa hai detto, scusa?»

«Hai detto che il Mago è buono? Ma va là, non dirmi che non ti sei accorto che ti sta usando»

«Mi ha sempre trattato bene»

«E non ti ha mai fatto niente?»

«Solo qualche analisi di tanto in tanto»

«Ma tu sei un merlo non un gatto»

Al Gatto questo insulto non era piaciuto ed aggrottò le sopracciglia.

«Quello ti ha usato per i suoi esperimenti, è un tipo malvagio, mettitelo in testa»

«Non è vero» ribattè il Gatto

«Sì che è vero, e tu sei irrimendiabilmente stupido»

A questo punto il Gatto tirò indietro le orecchie ed iniziò a soffiare:

«Non ti permetto di insultarmi così»

«Non ho ancora iniziato ad insultarti scemo di un gatto privo di cervello. Quel Mago è tra gli esseri più malvagi che possano esistere e ti ha abbindolato come l’ultimo degli allocchi. Anzi un allocco sarebbe stato più intelligente»

A quel punto il Gatto si alzò in piedi, tirò fuori le unghie e rizzò tutti i peli

«Ritira subito quello che hai detto o te la faccio pagare!» gli disse infuriato

«Ah sì? Voglio proprio vedere come, stupido gatto scemo senza cervello e non so cos’altro aggiungere»

Il Gatto ovviamente scoppiò e si lanciò sul Corvo. Rotolarono per pochi istanti sul pavimento, poi il Corvo lo colpì con un’ala facendolo letteralmente volare; ma di questo il Corvo non si accorse intento com’era ad urlare e zompettare per la stanza: «Ahia che male! Ma proprio con l’ala ferita dovevo colpirti? Che dolor… eh? Ma dove sei finito?»

Il Gatto era caduto in un angolo e stava ansimando e tossendo.

«Bhe? Non dovevi farmela pagare?» gli disse sprezzante il Corvo

Il Gatto, che si era calmato, gli sorrise:

«Ti ho mentito. Basta un topo zoppo a darmele»

«Eh?!! – disse il Corvo aprendo più che poteva il becco – Non credo di aver capito»

«Un tipo intelligente come te non può non aver capito quello che ho detto»

«E per quale motivo?»

«Questa è la storia della mia vita, può essere lunga»

«Sono un buon ascoltatore» disse il Corvo sedendosi accanto a lui

Il Gatto iniziò a raccontare:

«Non so chi fossero i miei genitori, i miei ricordi risalgono a quando mi trovavo in una piccola costruzione abitata più che altro da topi. Quella costruzione era buia e l’unica via d’uscita, di luce e di aria era in cima, vicino al tetto, vi erano varie casse che permettevano di raggiungerla. Io venivo allattato ora da una gatta ed ora da un’altra a seconda di chi ne aveva voglia; quando arrivava io ne succhiavo il latte avidamente, dato che poteva accadere che non venissero per giorni. In quei momenti la gatta mi raccontava cosa accadeva di fuori. Qualche volta entravano anche gli altri gatti per giocare; io perdevo sempre, ma mi divertivo. Dato che non uscivo praticamente mai e raramente venivano ad allatarmi, puoi ben capire perché sia rimasto così debole. Ogni tanto, quando la fame si faceva forte, scalavo quelle grandi casse ed uscivo; immediatamente gli altri gatti mi dicevano che quello non era un posto per me e che dovevo rientrare dentro. Se insistevo ci venivo rispedito a suon di botte, anche se, in quel caso, una gatta veniva di corsa ad allattarmi capendo quanto ero affamato. Ti sembrerà strano ma volevo un gran bene a quei gatti e non ne ho mai odiato nessuno»

«Cosa successe dopo?» chiese il Corvo

«Devi prima conoscere una premessa – ricominciò il Gatto – tutte le gatte che venivano ad allattarmi mi dicevano che dovevo stare attento ad un grande gatto nero con un occhio solo, in quanto di indole malvagia e mi avrebbe fatto del male. Bene, un giorno mentre stavo succhiando il latte, la gatta si staccò all’improvviso facendomelo andare di traverso e corse fuori; io inizialmente pensai che aveva sentito uno dei suoi piccoli chiamarla ma poi sentii l’odore del fumo: il luogo dove mi trovavo stava prendendo fuoco. Iniziai una scalata disperata tentando di raggiungere l’uscita. Ma quando la raggiunsi una trave infuocata mi sbarrò l’uscita. Fuori era tutto un incendio e tutte le gatte si affannavano a mettere in salvo i loro piccoli. Io iniziai a chiamare aiuto con tutte le mie forze, fin quando ebbi fiato in corpo, ma nessuno mi sentì. Quando non vi era più nessuno, ed il fumo di attanagliava, chiamai ancora una volta aiuto ma dalla mia bocca non uscì alcun suono. Stavo già per arrendermi quando improvvisamente le travi davanti a me cedettero, pensai che la casa stesse crollando regalandomi una fine veloce, quando, invece, mi ritrovai davanti il grande gatto nero con un occhio solo. Il mio cuore saltò in gola, ma non feci alcun movimento tanto ero intossicato dal fumo, lui mi guardò e mi portò in salvo. Rimase con me fin quando non mi ripresi; ero molto stupito, visto quello che mi avevano raccontato di lui, e glielo dissi. Lui mi disse queste testuali parole: “Hanno ragione gli altri gatti, in altri casi mi sarei comportato in modo diverso. Ma mentre fuggivo dall’incendio sentii un richiamo d’aiuto, questo richiamo non giunse però alle mie orecchie, perché in tal caso l’avrei ignorato, raggiunse il cuore. A quel punto mi chiese chi poteva essere quella creatura il cui richiamo aveva colpito il mio nero cuore. Quindi andai a vedere, sfondai la parete e ti trovai, capii che eri tu e ti salvai. Ora che stai bene non hai più bisogno di me, addio” detto questo se ne andò. Ma in realtà non mi lasciò mai solo, era sempre lì pronto ad aiutarmi, qualsiasi cosa mi succedesse. Lo incontrai e lo incontro tutt’ora molte volte. Un giorno incontrai, comunque, il Mago che mi accolse in casa e mi curò. Ecco perché dico che è buono.»

«Sei assai più sfortunato di me – iniziò il Corvo – la tua storia mi ha colpito, in particolare il pezzo riguardante il gatto nero, assomiglia al mio corvo nero»

«Racconta»

«Meglio iniziare dal principio. Io, a differenza di te, sono nato e cresciuto bene, le cose iniziarono ad andarmi male dopo l’incidente: stavo volando allegramente, quando improvvisamente si alzò un vento molto forte, che mi sbattè via; urtai contro la roccia e mi ferii l’ala. Da quel momento non potei più volare se non per brevi tratti e naturalmete mi fu difficile trovare da mangiare. Iniziai a deperire e perdere piume, ma il problema principale avvenne quando si abbattè su di noi una forte bufera di neve e non si trovava più da mangiare. Si decise di trasferirsi altrove. Ma io avevo l’ala ferita e dopo poco tempo non riuscii più a seguire il gruppo; quindi tentai il tutto e per tutto e sforzai l’ala: dopo poco sentii un forte strappo che coinvolse tutto il corpo e precipitai. Per mia fortuna caddi nella neve, ma oramai non riuscivo più a muovere un muscolo e stavo venendo sepolto; iniziai a chiamare aiuto con tutte le mie forze, fin quando avevo fiato in gola, ma nessuno accorse. Quando oramai non vi era più nessuno e la neve mi aveva praticamente sepolto, chiamai ancora una volta aiuto, ma dalla mia bocca non uscì alcun suono. Stavo iniziando a congelare quando ecco che sentii la neve che mi veniva tolta di dosso e mi ritrovai di fronte il grande corvo nero con un occhio solo. Mi avevano sempre detto di stare attento a quel corvo in quanto di indole malvagia e mi avrebbe sicuramente fatto del male. Puoi benissimo immaginare come il mio cuore saltò in gola, ma non riuscii a muovere un muscolo in quanto ero mezzo assiderato. Il corvo nero mi guardò e poi mi portò in salvo, rimase con me fin quando non mi ripresi; ero molto stupito e, dopo averlo ringraziato, gli chiesi perché l’aveva fatto. Lui mi disse queste testuali parole: “Non so perché l’ho fatto. Mentre stavo fuggendo alla bufera sentii un richiamo d’aiuto, questo richiamo, però, non raggiunse le mie orecchie, altrimenti l’avrei ignorato, raggiunse invece il mio cuore. Mi chiesi chi poteva essere quella creatura il cui richiamo aveva colpito il mio nero cuore. Quindi andai a vedere, scavai nella neve e ti trovai, capii che eri tu e ti salvai. Ora che stai bene non hai più bisogno di me, addio.” Detto questo se ne andò. Ma in realtà, come per il tuo gatto, non mi lasciò mai solo, era sempre lì pronto ad aiutarmi qualsiasi cosa mi succedesse. Lo rincontrai e lo incontro tutt’ora molte volte. Un giorno incontrai la Strega che mi accolse in casa sua; all’inizio ero contento, poi capii che mi usava solo per avere ingredienti per le sue pozioni. Ed è la stessa cosa che fa il tuo Mago, lo vuoi capire!»

«Ti dico di no»

«Ed io ti dico di sì»

«No»

«Sì»

Continuarono in questo modo per un po’ di tempo, poi il loro battibeccare fu interrotto dall’entrata del Mago e della Strega, i quali presero i due animali in braccio. Micio iniziò a fare le fusa e chiese: «È vero che tu sei buono?»

Il Mago sorrise, iniziò ad accarezzarlo e poi disse:

«Con la mano assai possente
Ogni muscolo si distende
Poi si rilassa anche la mente
Ed il sonno è opprimente»

Micio sbattè due volte le palpebre e poi si addormentò.


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