Progetto Umano!

Capitolo 1: Daryl

Lulù è una bimbetta di 8 anni, con i capelli biondo oro, gli occhi azzurro cielo, un visino tondo, una pelle candida, due guanciotte rosa indicanti buona salute ed un fisico assolutamente perfetto. Sembra uscita da un quadro.

Oggi per lei è un giorno speciale: i suoi genitori le hanno promesso che le compreranno un robottino da compagnia tutto per lei. Ne sta parlando tutta entusiasta con i suoi due amichetti e compagni di classe, Celeste e Principe, mentre si tolgono l’uniforme scolastica per reindossare i loro abiti. Celeste è una bambina dagli occhi verde acqua ed i capelli tinti di azzurro. Principe è un bambino dai capelli biondo platino e due occhi che sembrano sfere d’acqua. Entrambi hanno la pelle chiara ed una muscolatura lievemente sopra la media, segno che spesso, fuori orario di scuola, svolgono qualche lavoro. Sono fratello e sorella e sono compagni di banco di Lulù.

«Chissà come sarà – sta dicendo Lulù mentre indossa il suo vestitino rosa – forse un cagnolino robot… od un gatto… o…»

«E se fosse un bimbo? – interrompe i pensieri Principe mentre indossa il pantaloncino beige e la maglietta verde – Ho sentito dire che la tecnologia ha fatto passi da gigante, in questo senso»

«Sarebbe come avere un amico od un fratello – dice Celeste mentre indossa il suo vestitino celeste – come ti sembrerebbe avere un fratellino robot?»

«Non saprei – risponde Lulù mettendosi il cerchietto – Beh, lo vedremo» conclude.

Poco dopo i tre percorrono i corridoi della scuola fino all’uscita. Lì si fermano ad indossare le scarpette e poi corrono fuori. Attraversano velocemente il giardino e si salutano al cancello. Lì vi è una donna dai capelli ramati raccolti e gli occhi chiari che sembrano rosa. Indossa un abito rosso e bianco con la gonna che le arriva a metà ginocchio, molto semplice nell’aspetto. Tiene una borsetta nera a tracolla e non appena vede Lulù uscire, si abbassa alla sua altezza ed allarga le braccia.

«Nanny! – strilla Lulù correndole incontro – Sei venuta a prendermi! Che bello!» e le salta in braccio.

Nanny la stringe forte a sé e la solleva.

«Tutto bene? Come è andata la scuola?» le chiede.

«Tutto ok! – risponde lei – Dove sono mamma e papa?»

«Ti aspettano alla fabbrica dei robot»

«Oh, uffi! Ma non vengono mai quelli? Sei sempre tu quella che mi accompagna e mi viene a prendere; mi saluta la mattina e mi aspetta a casa. Tu ci sei sempre! Loro: puf!»

«Su, non fare così: lo sai che sono molto impegnati»

«Sì, ma oggi potevano venirmi a prendere, ecco!»

Poco dopo Nanny e Lulù camminano per strada. La bambina tiene per mano Nanny ma sovente scappa via ora a vedere una cosa, ora a vederne un’altra, ma Nanny la richiama sempre, ricordandole il loro appuntamento. A volta la bimba protesta ma torna sempre accanto a lei.

Dopo una mezz’oretta giungono alla fabbrica dove un uomo in giacca e cravatta ed una donna in abiti eleganti, li stanno aspettando. Sia l’uomo che la donna hanno i capelli castani. Quando li vedono arrivare sorridono. Il sorriso della donna è tirato, come se facesse fatica a sorridere. Quello dell’uomo è più naturale, ma i suoi occhi non sorridono. Quando li vede, Lulù si divincola da Nanny e corre loro incontro.

«Mamma! Papà!» strilla sprizzando felicità da tutti i pori.

I due genitori l’accolgono tra le loro mani, senza chinarsi, e le accarezzano guance e testa.

«Olà Terremoto – dice la donna – Sei pronta?»

La bimba annuisce.

«Bene, Piccola Tempesta – dice l’uomo – allora andiamo – poi si volge verso Nanny – Tata Nanny, può seguirci, se vuole»

«La ringrazio Signore – risponde Nanny – ma, se non le dispiace, preferirei aspettare qui»

Lulù vuole dire qualcosa, ma Nanny la zittisce con una semplice frase: «Raccontami tutto quando esci»

Gli occhi della bimba sorridono luminosi: le piace tanto raccontare le cose a Nanny.

Nella fabbrica Lulù, tenendosi stretta ai genitori, osserva meravigliata tutti i macchinari ed i robot che qui si trovano; osserva curiosa dove vengono riparati e costruiti; pone qualche domanda agli addetti, non capisce le loro risposte (paroloni troppo difficili) ed è tutta eccitata all’idea di possedere un robottino tutto per sé. Durante la visita nota una grande finestra e si affaccia. C’è una stanza con un bambino dai capelli castani corti, seduto su un divano; indossa una canottiera ed un pantaloncino bianchi. Sta facendo rotolare una palla tra i piedi mentre guarda qualcosa da un televisore. Il suo braccio destro non è completato: è ancora una scheletro robotico collegato ad un apparecchio alle spalle del bambino.

«Un bimbo robot!» mormora Lulù.

Nonostante la stanza sia completamente insonorizzata, visto che nessun rumore esce, il bambino si volta verso Lulù e le sorride. Lulù nota i suoi occhi azzurri con riflessi metallici. Il bambino solleva il braccio destro per salutarla ma poi si ferma ed usa quello sinistro. Lulù ricambia il saluto. Il bambino si alza, raggiunge un tavolinetto dove ci sono fogli e matite e scrive. Lulù nota che i cavi che lo legano si allungano e si accorciano per permettergli di muoversi liberamente nella stanza. Il bambino si avvicina alla finestra e le mostra il foglio scritto: “Quando hai finito, vieni da me?”. Lulù annuisce con vigore.

Più tardi Lulù è introdotta nella stanza del bambino robot, con la raccomandazione di star attenta ai cavi. Non appena la vede, il bambino si alza e le corre incontro.

«Io mi chiamo Daryl» dice facendo un profondo inchino.

«Io mi chiamo Lulù» risponde lei ricambiando l’inchino.

«Vorresti giocare con me? Ho tanti giocattoli, giochi sedentari – mostra dei giochi da tavolo – di carte ed altri; giochi movimentati – mostra la palla, le macchinine ed altri – possiamo giocare a salta-cavallina od a nascondino. Quando sei stanca, possiamo vederci un sacco di cartoni animati» indica la TV.

Lulù ci pensa un attimo e poi prende la palla.

Giocheranno per tutto il tempo con tutti i giocattoli presenti nella stanza. Alla fine si siedono sul divano. Lulù ha il fiatone. Daryl le legge un libro illustrato.

«Ma tu che tipo di robottino sei?» gli chiede improvvisamente Lulù.

«Per ora credo di essere unico nel mio genere. Sono stato creato per stare insieme ai bambini, giocare con loro ed aiutarli. Sono adattabile a qualsiasi loro esigenza ed imparo in fretta. Sono…»

«Un robottino da compagnia?» chiede Lulù speranzosa.

«Sì, ma non sono un cane» scherza lui.

Lulù lo guarda, gli stringe la mano e si mettono a guardare i cartoni animati.

Quando la vengono a riprendere, Lulù esclama con convinzione: «Voglio Daryl!»

«Non è completato. Ci vorrà un po’ di tempo» le fa notare il padre.

«Saprò aspettare»

«Tu?» dice la madre.

«Sì! Io!»

L’accordo è presto concluso ed i tre escono dalla fabbrica.

Passano due settimane. Durante i primi giorni Lulù si impegna a preparare una stanzetta per il suo robottino e poi inizia a dare segni di impazienza, assillando Nanny con continue richieste sull’arrivo del suo robottino, mettendosi buona per poco tempo, quando Nanny le ricorda che avrebbe saputo aspettare.

Infine suonano alla porta. Nanny va ad aprire. Daryl è davanti a lei. Indossa un pantaloncino blu, una maglietta beige, scarpette marroni, calzetti blu scuro. Porta seco una valigia grigia.

«Sono arrivato» dice semplicemente.

Nanny sorride e lo fa entrare. Lo aiuta a togliersi le scarpette all’ingresso, affinché possa andare a piedi nudi per il resto della casa. Lo accompagna alla sala degli ospiti e gli fa segno di accomodarsi. Ma Daryl preferisce rimanere in piedi.

«Lulù!» chiama Nanny.

«Che c’è?!» risponde la bambina da di là.

«È arrivato Daryl!»

Lulù caccia uno strillo di gioia, poi si sentono rumori: passi di corsa, cose che cadono, un “CRASH!” ed un “BOOM!” e poi la bambina fa la sua comparsa, saltellando su un piede solo nel tentativo di riacquistare l’equilibrio. Non appena vi riesce, guarda Daryl sorridendo. Indossa un abitino a canottiera che una volta doveva essere bianco ed adesso è tutto inzaccherato di colori. È a piedi nudi. Daryl ricambia il sorriso. Lulù fa un profondo respiro nel tentativo di contenersi ma non vi riesce: abbraccia Daryl forte, quasi sollevandolo da terra.

«Benvenuto!» dice felicissima.

Senza dargli il tempo di rispondere, lo prende per mano.

«Vieni che ti faccio vedere tutta casa!» dice entusiasta trascinandolo via.

Gli fa attraversare il corridoio fino ad un stanzetta: c’è un letto in un angolo ed un tavolino con una sedia nel lato opposto. Vi è anche un armadio ed una cassettiera. Una grande finestra fornisce luce ed aria.

«La finestra dà direttamente nel giardino – spiega Lulù – Non è proprio una porta, ma ti basta una sedia e sei fuori. La stanza è un po’ spoglia perché volevo che l’arredassi così la stanzetta diventa davvero tua. In compenso ti ho fatto un letto comodissimo – ci salta sopra per farglielo vedere – così dormirai bene e farai tanti sogni d’oro»

Daryl sorride: come robot non ha bisogno di dormire, ma apprezza tantissimo il pensiero.

«Lascia la valigia – dice Lulù correndo ad una porta – La tua stanza comunica direttamente con la mia, così se tu od io abbiamo bisogno di qualcosa, possiamo parlare direttamente»

Apre la porta ed agli occhi di Daryl si palesa un stanza con un disordine colossale: giocattoli, libri, panni sono ovunque e non vi è un centimetro di pavimento libero.

«Un attimo» dice Lulù.

Raccoglie in fretta e furia tutti i panni, gettandoli disordinatamente dentro una cesta. Ci salta sopra per chiudere il coperchio e vi mette un peso sopra. Afferra tutto il resto che trova in giro e lo butta dentro l’armadio.

«Chiuditi» dice mentre spinge con fatica le ante.

Vi appoggia la schiena sopra.

«Mi passi la sedia?»

La usa per tener chiuso l’armadio.

Ora la stanza si presenta quasi uguale a quella di Daryl, con la differenza che qui vi sono tende alle finestre, poster attaccati alle pareti, penne e fogli sul tavolo; non c’è la cassettiera ma un cavalletto per gli acquerelli. Lulù attende un attimo per dare il tempo a Daryl di guardarla e poi lo porta fuori a visitare il resto. Gli mostra tutte le stanze, i bagni, gli sgabuzzini, la camera dei suoi genitori con i letti rifatti e l’aria che non vi entri nessuno da tempo…

«Loro non ci sono mai – spiega Lulù – Una volta l’anno vengono qui e di solito non si fermano nemmeno. Praticamente li vedo solo attraverso il videotelefono. È Nanny quella che si occupa di tutto»

Daryl rimane pensieroso a quelle parole ma Lulù lo trascina in un’altra parte della casa. Gli mostra la “camera buona” dove lei non può entrare ma solo affacciarsi. Contiene un computer, un impianto Hi-Fi, un grande TV ed un enorme divano.

«Ogni volta che io entro qui, faccio esplodere qualcosa – confessa Lulù – E quindi è vietata – si guarda intorno – Io però qualche volta riesco ad entrarci per vedere i cartoni animati sul grande schermo. Sembra di essere al cinema. Nanny mi fa sempre i pop-corn»

«Quindi lo sa»

«Non sempre» conclude Lulù facendogli l’occhiolino.

Gli mostra poi la cucina.

«Il regno di Nanny» annuncia Lulù.

Infatti Nanny è lì che sta cucinando. Si volta e sorride loro.

«Volete una merenda?»

«Puoi mangiare?» chiede Lulù a Daryl.

«Volendo – risponde; vedendo la faccia perplessa della bambina aggiunge – Non ho bisogno di mangiare ma posso farlo»

«Merenda per due!» strilla Lulù.

Dopo aver mangiato ad un tavolinetto della cucina, con Lulù che spiega a Daryl che la sala da pranzo è usata solo quando hanno gli ospiti, Daryl finisce il suo giro della casa, partendo proprio dalla sala da pranzo.

L’ultima stanza che viene mostrata è la stanza da letto di Nanny; subito Daryl nota che essa è molto spoglia, quasi come venisse poco usata e solo alcuni abiti e la camicia da notte indicano che la stanza è abitata.

mi ricorda la mia stanza” pensa Daryl.

«Come mai ha un letto così grande?» chiede indicando il lettone matrimoniale.

«Ecco… – dice Lulù arrossendo – Ogni tanto vado a dormire insieme a Nanny… specie quando mi sveglio la notte con gl’incubi… cioè, è sempre lo stesso»

«Lo stesso incubo? Quale?»

Lulù scuote la testa.

«Te ne parlerò un’altra volta. Adesso dimmi: che vuoi fare?»

«Uhm… Io direi di iniziare a riordinare la tua stanza»

«Eh?»

«Non hai detto che devo arredarmi la stanza? Magari trovo qualcosa nella tua»

Il volto di Lulù si illumina.

«Giusto!» esclama e corrono insieme.

Un’ora dopo la stanza di Lulù e ben riordinata: tutti i vestiti sono stati messi a posto, così come i libri ed i giocattoli; il letto è stato rifatto. Anche la stanza di Daryl ha cambiato aspetto, grazie ad alcuni poster, disegni e colori. Qui Daryl ha anche disfatto la sua valigia, mettendo a posto abiti, libri e giocattoli.

«Ed adesso che facciamo?» chiede Lulù saltellando ora su un piede ora su un altro.

«Visto che hai tante energie… palla?»

«Sì!»

Saltano entrambi in giardino.

A sera, durante la cena, Lulù parla a Nanny di Daryl, tutta entusiasta. Nanny ascolta con grande attenzione e si rende conto che il robottino è riuscito persino a far studiare la bambina tra un gioco e l’altro e che lei non solo sembra essersi interessata allo studio ma anche divertita a studiare.

Dopo il cartone animato serale, Nanny porta a letto entrambi. Rimbocca le coperte a Lulù e, tenendole la mano, le canta la ninna nanna:

«Quella sera laggiù nella valle, con le stelle che stanno a guardar, il cowboy col suo bianco cavallo, presso il fiume si ferma a sognar. Forse l’ultimo sogno d’amore, forse l’ultimo sogno sarà. Con quel sogno rinchiuso nel cuore, il cowboy verso il West se ne va…»

La voce di Nanny è calma e melodiosa. Ripete la filastrocca 2 o 3 volte e, lentamente, la bimba chiude gli occhietti. Quando Nanny si zittisce, Lulù le stringe lievemente la mano.

«Non sparire come fanno mamma e papà» mormora mezza addormentata.

«Sono sempre con te» le risponde Nanny dandole un bacio sulla fronte.

La bimba sorride e si addormenta. Un minuto dopo Nanny mette la mano della bambina sotto le coperte e si allontana silenziosamente.

«Buona notte» sussurra a Daryl.

«Sogni d’oro, Nanny» risponde il robottino.

Pensando che a Lulù devono mancare i genitori, anche Daryl si sdraia. Essendo un robot, Daryl non ha bisogno di dormire. Disattiva tutte le funzioni motorie ed i sistemi periferici, lasciando attivi i sensori. È così che, a notte fonda, si accorge che Lulù sta piangendo. Tutti i sistemi sono immediatamente riattivati. Daryl balza giù dal letto e corre da Lulù. La bimba si sta agitando e piangendo, probabilmente in preda agli incubi.

«Lulù» la chiama dolcemente sfiorandola con la mano.

La bimba si sveglia di soprassalto urlando. Si guarda intorno, vede Daryl e lo abbraccia stretto.

«Non lasciare che mi prendano! Non lasciare che mi prendano!» urla terrorizzata.

«Calmati, calmati – cerca di calmarla Daryl – Sei a casa. Non c’è nessuno che ti insegue. Era solo un incubo»

Lulù si guarda intorno ancora spaventata, riconosce la casa, riconosce la sua camera. Tira un sospiro di sollievo.

«Un incubo – dice mentre respirazione e battito cardiaco si calmano – sempre lo stesso incubo» e si mette a piangere.

«Vuoi raccontarmelo?»

Tra un singhiozzo e l’altro, Lulù racconta:

«Sono a casa e sto correndo. Un ombra oscura mi prende e mi getta giù dalle scale. Mi faccio molto male. Altre ombre mi sono addosso. Urlano che sono cattiva, non so mai stare al mio posto, non ubbidisco e non so che altro; iniziano a picchiarmi, sbattermi contro il muro, saltarmi sopra, spezzarmi – si ferma piangendo – Riesco a scappare; mi butto dalla finestra pur di fuggire. Continuo a scappare. Se mi prendono mi uccideranno e poi… poi arriva quella grande macchina dai vetri neri che mi prende in pieno, mi passa sopra, mi spappola» ritorna a piangere.

Daryl l’abbraccia.

«Era solo un sogno – continua a dirgli; vedendo che non riesce a calmarla, aggiunge – vieni, ti accompagno da Nanny»

Lulù annuisce. Si alzano. Tenendola stretta a sé, Daryl l’accompagna fuori dalla stanza. Incontrano Nanny che viene verso di loro, forse svegliata dall’urlo della bambina.

«Lulù! Tutto bene?» chiede preoccupata.

«Incubo» risponde lei.

«Su, vieni. È tutto a posto: era solo un sogno» la prende in braccio.

Daryl si accorge che la preoccupazione non ha del tutto abbandonato Nanny.

«Vieni anche tu – dice a Daryl – Questa notte dormiamo insieme»

Senza discutere il bimbo trotta dietro loro. La sente cantare la ninna nanna. Solo quando sono tutti e tre sul lettone, Lulù inizia a calmarsi, ma ci vogliono molti minuti prima che si rassereni. Quella notte dormono tutti e tre abbracciati.

Il giorno dopo, mentre Lulù è a scuola, Daryl osserva Nanny pulire casa. È seduto su una sedia, stringendosi le gambe al petto. È a piedi nudi cosicché possa camminare sui pavimenti bagnati; per il resto indossa una canottiera bianca ed un paio di pantaloncini grigi.

«Posso farti una domanda?» chiede ad un certo punto.

«Anche due»

«Vorrei che mi parlassi di Lulù»

«Cioè?»

«Cosa ne pensi di lei? È vero che le mancano i genitori? Quell’incubo… cosa ne pensi? Insomma, conosci Lulù da più tempo di me»

«Da tre anni per l’esattezza – prende una sedia e si siede di fronte a Daryl – Sono stata assunta quando lei aveva compiuto da un giorno o due cinque anni. È davvero un piccolo terremoto od una piccola tempesta, come dicono i suoi genitori, ma ha un cuore grandissimo. Lo vedrai quando ti farà conoscere Celeste e Principe, i Lupetti ed altri. Sono stata conquistata da lei la prima volta che l’ho avuta in casa. In verità mi ha fatto disperare per quasi tutta la giornata: non stava ferma un secondo, metteva tutto in disordine, faceva un sacco di casino. Ma quella sera mi ha preso per mano, accompagnata in poltrona, mi è salita in braccio, mi ha abbracciata stretta e mi ha detto: “Ti voglio bene”. Una semplice frase. Eppure in quella semplice frase c’era un sacco di amore. Non ho resistito: tutto il fastidio che avevo provato si è sciolto in quella semplice frase. “Te ne voglio anch’io” le ho risposto e da quel momento in poi è stata tutta discesa. Lei è e rimane una tempesta ed un terremoto ma… beh, non mi sono mai più disperata, anzi è una gioia averla accanto. Credo che Lulù sia così: il primo impatto può essere scioccante ma se lo superi scopri che Lulù è un angioletto… tempestoso ma un angioletto»

Daryl sorride.

«Hai detto “la prima volta che l’ho avuta in casa”. Prima dov’era?»

«In ospedale»

«Cosa?»

«Mi hanno assunta per badare a lei quando lei era ancora in ospedale. Andavo a trovarla tutti i giorni. Credo si sia affezionata a me perché le sono sempre stata accanto, anche durante la riabilitazione. All’ospedale i suoi genitori non sono mai venuti, se non il giorno in cui mi hanno assunta per presentarmela»

«Ma che ci faceva in ospedale? Perché riabilitazione?»

«Era appena uscita dal coma dopo essere stata investita»

Daryl balza in piedi sulla sedia.

«Ma allora l’incubo…» esclama

«Potrebbe aver a che fare con un ricordo sopito – conclude la frase Nanny – Ma, e questo vale anche per te, i suoi genitori si sono raccomandati di non parlarne mai né di indagare sul suo passato. Se lo facessi sarei licenziata seduta stante. Già Lulù soffre per la mancanza dei genitori…»

«Non è il caso che perda anche te – conclude Daryl rimettendosi seduto – Ogni quanto ha questo incubo?»

«Variabile. Ma ho notato che è più probabile che lo abbia dopo che ha passato la giornata con i suoi genitori»

«Strano» commenta Daryl.

Il resto della mattinata passa senza ulteriori domande su Lulù.


Vai alla pagina successiva

Licenza Creative Commons
Tutti i contenuti di questo sito (anche dove non direttamente specificato) sono realizzati da Andrea Saporito e sono sotto licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported. È comunque permessa la libera traduzione.